Parti, pedali, sconquassi mani e bici su alcuni tratti di pavè poi, finito il settore di Champin en Pévèle, giri a destra e dopo  una quindicina di  chilometri sei a Roubaix. Le pietre contano. Una dopo l’altra, più lontane che vicine tanto che se sbagli a mettere una ruota e ci finisci in mezzo non ne esci più, la bici si imbizzarisce, va dove vuole e non serve più neanche provare ad aggrapparsi alle leve dei freni, perchè le mani tremano, le braccia pure e ogni gesto, anche il più semplice come fermarsi, diventa inutile. Sembra banale ma, mentre cerchi di capire dove mettere le ruote,  continui a chiederti e a ripeterti come si possa finire una gara cosi, come si possa resistere, provarci, anche solo pensarci. Chi l’ha fatta spiega che per restare in equilibrio, per non  impazzire, per non cadere bisogna avere il coraggio di andar forte, bisogna tirare sui pedali anzichè spingere perchè così la bici tende a sollevarsi come fosse un aliscafo e bisogna aver la fortuna di non bucare. ” Se non cadi e non fori sei adatto per il pavè…” diceva qualche anno fa ai suoi ragazzi il mitico Ds Giancarlo Ferretti. Un “sergente di ferro” che non aveva mezze misure perchè sulla via della Roubaix le mezze misure non esistono. O dentro o fuori, o davanti nei primi cinquanta all’imbocco dell’Arenberg o addio sogni di gloria.  Comunque vada da Compiegne al Velodrome è un sfida ad eliminazione. Restano in pochi.  Resta chi ha un fisico “bestiale”,  meglio se potente, meglio se prestante, meglio se un po’ pesante e la storia di chi ha vinto da queste parti insegna. Pochi giorni fa, dopo aver vinto il Fiandre, anche quel fenomeno di Tadej Pogacar ha spiegato a chi glielo chiedeva che, se mai ( il prossimo anno) dovesse fare un pensiero alla Roubaix, deve cominciare a mettere su qualche chilo… Una storia lunga quasi 260 chilometri che si ripete come un rito, come un racconto che non si interrompe mai, quasi mai perchè al Covid ci si è arresi anche qui. Una magia con lo stesso fascino, con le stesse pietre, con gli stessi tifosi che una volta erano ragazzini e ora ci portano i figli, con i settori numerati come se si pedalasse nelle sale di un museo, con le stesse case di mattoni rossi, con gli stessi colori e con lo stesso cielo basso, con un mondo davanti alla tv,  con le solite facce stravolte e sporche di fango, con le stesse smorfie, con la stessa fatica. Chiunque vinca diventa un uomo di Roubaix. Uno dei tanti ma unico. Speciale. Perchè quello degli eroi di Roubaix è il circolo più esclusivo del mondo. Un’enclave che va oltre il tempo. Basta una volta. Due sono tante, oltre diventa mito. E noi ci siamo là in mezzo. Inutile far nomi chi ama questo sport sa, conosce, ricorda.  Tutto ciò che della Roubaix si deve raccontare è stato già scritto. Chilometri di battaglie, di gioie immense, delusioni terribili. Di cadute, di dolore e di pianti. Tutto ciò che della Roubaix rimane è la sua storia scritta nella polvere o nel fango, sulle pietre che hanno creato il mito di una gara dove tutto sembra esagerato, epico forse anche un po’ retorico. C’è un cartellone che fa bella mostra di sè su una parabolica del Velodrome dove sta scritto che “L’inferno del Nord ti porta in Paradiso” ed è così davvero, perchè basta andarci una volta nella  foresta di Arenberg, a Mons en Pevele, nel Carrefour de l’Arbre per capire cos’è davvero questa corsa che ha fermato il tempo. Passato e futuro. Il ciclismo ha questa capacità straordinaria di tenere insieme tutto, di mischiare ciò che è stato e che sarà, di lasciare sulla strada o sul cemento di un pista pezzi di storia a disposizione di tutti. Basta andare. Basta entrare e prenderseli, goderne. Così arrivi a Roubaix, ti avvicini al Velodrome, riconosci le strade, rivivi tutte le imprese che hai seguito in tv, poi svolti a destra e finisci dritto dritto nel mito di uno sport eterno. Qui, contrariamente a quanto succede da noi, non serve prenotare, non ci si deve iscrivere a nessuna società, a nessuna federazione, non si paga e non ci sono moduli da compilare, firmare, sottoscrivere. Si entra e basta, liberi. Infatti è e pieno di ragazzi che si divertono. Funziona così dalle parti degli “spocchiosi” cugini francesi.  Ma è solo invidia: hanno ragione loro…