Se 24 giovani ciclisti s’aggrappano alle ammiraglie per salire sullo Stelvio  significa che “non ci sono più i ciclisti di una volta…”  ma soprattutto “che non ci sono più i direttori sportivi di una volta…”.  Banalità per banalità si fermano nella mente due immagini che, messe una di fianco all’altra, raccontano di giovani che non hanno troppa voglia di soffrire e fanno i furbi con l’aiuto di chi sta in ammiraglia, e di altri che ci provano ma che trovano chi il ciclismo lo intende alla vecchia maniera e a brutto muso li rimanda davanti a tirare. Due fotografie che ai tempi del Web, come si dice oggi, diventano virali. La prima è quella di due giorni fa. Va in scena lo Stelvio nel Giro Next Gen, quello degli Under 23. Si scala la montagna delle montagne, la salita che ha scritto la storia di uno sport e il mito dei suoi campioni, tanto per scomodare un po’ di giusta retorica. C’è chi va, chi fatica e c’è chi invece si arrende ma non del tutto perchè,  anzichè fermarsi, si aggrappa alle moto staffette e alle ammiraglie delle squadre e arriva in cima. Una scena assurda che finisce con 24 squalificati tra i corridori e 4 tra i direttori sportivi. Mai successo. L’altra fotografia è invece quella di qualche anno fa in un fredda a piovosa corsa degli under sulle strade della Toscana. Un ragazzo  del Team Unicash  si avvicina sfinito e infreddolito all’ammiraglia di  Imerio Malatesta per mettere fine alla sua agonia. Non ce la fa più, chiede qualcosa di caldo, dei “boccettini”, forse chiede l’ok per fermarsi e salire in auto: “Eh lo so che c’hai freddo, io non ci posso fare niente, vuoi venire qui in macchina? – gli risponde il Ds- Vuoi che ci fermiamo fermiamo al bar e ci facciamo il té? Vai in testa e mettiti a menare e non stare a ruota,  grinta ci vuole, grinta, è uno sport di merda…”. E invece no. Non è per niente uno sport di merda. Il ciclismo è uno sport meraviglioso e lo capisci ogni volta che sali in bici. Un sport che premia i gesti, le imprese, che esalta i primi e rispetta gli ultimi,  che dà un senso alla fatica e alla sofferenza, che amplifica i sentimenti, le gioie, le passioni. Che insegna ad onorare le sconfitte e non conosce i fallimenti. E uno sport dove spesso chi cade viene aspettato e chi perde non trova scuse anche quando si vede sfuggire un Giro per 14 secondi, E’ uno sport che non ama scorciatoie.  Tutto ciò fa parte della sua storia e della sua cultura ma non piove dal cielo. Va spiegato e soprattutto insegnato a che arriva da queste parti. Ma ci deve essere chi lo fa, soprattutto in ammiraglia…