Due anni fa l’annuncio era arrivato dalle colonne del quotidiano belga La Derniere Heure, ieri davanti a telecamere e taccuini dei cronisti appoggiato al camion officina: “La mia stagione finisce qui. Ora mi prendo un po’ di riposo e resto qui in Italia per fare un po’ di vacanza con mia moglie e i miei due figli…”. Gli corri dietro finita la gara a Wout Van Aert. Gli corri dietro insieme con un altro gruppetto di colleghi, di cronisti e di cameramen fin o al bus della Jumbo che è parcheggiato poco fuori Pieve di Soligo. Gli corri dietro e lo trovi. Si avvicina ai microfoni delle tv belga e fiamminga e mostra sul polpaccio sinistro i segni della caduta che, dopo una trentina di chilometri, ha segnato l’inizio di una giornata tormentata e di un esordio nel Mondiale Gravel che  forse si era immaginato diversamente.  Non cerca scuse: è andata come è andata e la maglia di campione del mondo, che tutti alla vigilia vedevano sulle sue spalle, è finita invece su quelle di un fantastico Matej Mohoric che è sempre stato la davanti e alla fine è arrivato in splendida solitudine. Per il campione belga che, nonostante tutto, è stato la grande star di un evento che ha portato sulle strade e sugli sterrati del Prosecco oltre 1700 ciclisti, una sfida da archiviare : “Una giornata incasinata per me…- racconta sorseggiando dell’acqua frizzante da una lattina- Già nei primi 20 chilometri ho avuto problemi con la sella che era scesa e che sono riuscito poi a sostituire. Sono rientrato in gruppo abbastanza velocemente ma  una caduta, quando eravamo davanti con sette corridori, mi ha rallentato di nuovo anche se sono riuscito a non perdere molto…Poi però ho forato l’anteriore e sinceramente è stata colpa mia: sterzando troppo bruscamente  ho colpito un tombino e qui ho perso qualche minuto perchè non sono riuscito a riparare velocemente….”. La dura legge delle corse gravel dove non ci sono ammiraglie, radioline e cambi ruote al seguito. I punti di assistenza sono fissi sul percorso e quasi sempre bisogna far da sè sgomitando e zigzagando in una baraonda che agita ruote e borracce. Ma se poi la sfortuna si accanisce…” Sono ripartito-continua Van Aert- ma dopo pochi chilometri  ho iniziato ad avere problemi anche  con la valvola di una ruota e ho raggiunto l’assistenza dieci chilometri più avanti su una ruota anteriore con mezzo bar di pressione. Ho riparato ed ho iniziato una corsa di recupero…”. Al secondo passaggio da Pieve di Soligo il capitano della squadra belga aveva oltre dieci minuti di ritardo dai primi tre in fuga. Troppi per pensare ancora di rientrare in gara. “Chiaro che non si poteva più pensare a vincere- spiega Van Aert- ma ero venuto a questo mondiale per fare il meglio possibile e così ho deciso di continuare  a fare ed ho iniziato una corsa di rimonta”. Sulle rampe di San Vigilio, Le Serre, Collagù il belga ha guadagnato terreno con una rimonta impressionante su tutti e  con grande sorpresa dei tanti tifosi assiepati sulle colline che si si preparavano ad applaudirlo in retrovia e invece lo ha visto arrivare sugli ultimi tratti di sterrato a giocarsi con il nostro Alessandro De Marchi l’ottava posizione. Che non è ciò che si aspettava ma che gli fa chiudere con un sorriso una giornata storta: “E comunque mi sono divertito- commenta- Il mondiale gravel è stata una avventura che mi è piaciuta e a cui spero in futuro di poter dedicare un po’ più di tempo anche per migliorare e mettere a punto le attrezzature. Se farò il prossimo mondiale? Presto per dirlo, più avanti decideremo come pianificare la prossima stagione…” Mondiale che dopo le prime due edizioni italiane ha passato il testimone al Belgio e si correrà nelle Fiandre: difficile non esserci. Per ora è solo una promessa. Anzi due tra una domanda in olandese e una risposta in inglese: “La prossima intervista la facciamo in italiano…”