C’è una linea netta tra record e vittoria. C’è e si vede ma presto potrebbe non vedersi più quando si parla di maratona. Il muro da abbattere è quello delle due ore che in realtà è già caduto perchè il 12 ottobre di quattro anni fa Eliud Kipkoge a Vienna, in una sfida senza avversari, protetto da un’auto e da “lepri” che si alternavano a tirare, aveva fermato il crono a 1h 59’40”.  E quello era un record ma senza gara, senza confronto, senza anima…E infatti non venne omologato. Il muro delle due ore resta in piedi ma probabilmente ancora per poco perchè pare destinato a crollare questa volta in gara finalmente con una vittoria. Pochi giorni fa a Chicago il keniano Kelvin Kiptum  ha vinto la maratona firmando il nuovo record mondiale in  2h00’35″ e diventa il primo uomo a scendere sotto le 2h01’. Un’impresa che toglie il primato stabilito un anno fa proprio da Kipchoge a Berlino in 2h01’09″ e lo avvicina alla leggenda, perché le due ore al di sotto delle quali ha “rischiato” di andare sono un barriera per l’uomo come lo furono i dieci secondi nei 100 metri. “Domenica è crollata la soglia psicologica delle due ore- ha commentato su Radio Rai Sport Gelindo Bordin,  primo italiano a vincere la  maratona olimpica ai Giochi di Seul 1988-  Prima c’era un minuto e mezzo, oggi siamo vicinissimi. Gli atleti metteranno questo obiettivo nella loro testa e la testa fa tanto. L’asticella la devi mettere alta se vuoi saltare alto, sennò non ce la fai…».  Ma più si va veloce più diventa difficile migliorare il tempo e Kiptum ha fatto una progressione enorme considerando anche che è un ragazzo che ha poca esperienza sulla distanza, che ha corso solo tre maratone che  e sicuramente ha grandi margini di miglioramento. E quindi la linea che separa il record dalla vittoria si assottiglia sempre di più in attesa di una vittoria che cancelli tutti i dubbi, le interpretazioni, i distinguo. I record sono esperimenti: è tutto studiato, calcolato,  programmato, racchiuso in un algoritmo che (in teoria) garantisce il risultato.  Sicuramente affascinante ma la vittorie si ottengono in gara, misurandosi con gli avversari, guardandoli negli occhi, sentendoli respirare.  E poi  la maratona è storia e mito. E’ anima. E il pathos dove le forze che regolano l’animo umano si contrappongono al logos, la parte razionale e scientifica. E allora si vince guardando il crono, ma non si sogna. Si vince davvero solo entrando a braccia alzate nel Panatinaikò  dopo aver battuto ad uno ad uno tutti gli avversari, evitando le buche, difendendosi dal caldo, dal vento, facendo i conti con un rifornimento mancato perchè nella ressa qualcuno ti ha dato una gomitata. Ed è ciò che fa la differenza e la storia. Ormai siamo sempre più vicini al muro delle due ore. Ormai siamo sempre più vicini ad unire quei puntini che separano record a vittoria, E poco importa se a scrivere la storia saranno Kiptum, Kipkoge o chissà chi altri…