Dossena sesta a New York, ma il triathlon non è tempo perso
Figli di uno sport minore? C’è un sesto posto nella maratona di New York da mettere in cornice. C’è Sara Dossena, triatleta , che corre da protagonista una gara bellissima che ci riconcilia con lo sport di fatica mentre il popolo santifica la domenica al rito pallonaro. C’è una ragazza tutta di fucsia vestita che corre, saluta e sta là davanti gomito a gomito con Mary Keitany, mito mondiale della maratona che qui ha vinto tre volte e che va a caccia di un poker che le sfugge di un soffio solo perchè, a un paio di miglia dall’arrivo, vola via una fantastica Shalane Flanagan che riporta agli Stati Uniti un successo che agli yankee mancava da 40 anni. C’è tutto questo ed è fantastico. Fantastico soprattutto per noi, non più avvezzi nell’atletica, a star davanti. E allora applausi a Sara Dossena. E solo applausi. Ma la telecronaca e il commento in Rai stonano. E stonano parecchio: “Perchè la Dossena continua a perdere tempo con il triathlon?” si chiede infatti Giorgio Rondelli, una storia scritta nel mezzofondo azzurro con Cova e Panetta e che probabilmente nessuno scriverà più. Già perchè? Perchè, tanto per cominciare, se oggi la miglior atleta azzurra sui diecimila è proprio una triatleta e non una podista forse non è un caso e la Fidal (e i tecnici della Fidal) qualche domanda dovrebbero farsela. Perchè oggi se Sara Dossena, che ha patito parecchi infortuni nella sua carriera, corre e ci fa sognare sul Queensborough bridge o sulla Quinta il merito è anche di una multidisciplinarietà che non fa miracoli ma serve e perchè magari, senza nuoto e bici sarebbe, ancora infortunata. Perchè da sempre i triatleti sono i più forti atleti del panorama sportivo e perchè da sempre il triathlon ha fatto migliorare nuotatori, ciclisti e podisti nelle loro stesse specialità. Perchè c’è sempre un po’ di spocchia nel considerare il triathlon sport minore tra gli sport minori tant’è che qualche mese fa proprio dalle pagine della Gazzetta, all’ennesimo disastro dell’atletica azzurra, qualcuno propose di farlo diventare l’approdo degli atleti azzurri “bastonati” nelle sfide internazionali. Per questo, anche per questo, Sara Dossena che colora d’azzurro la maratona di New York è un patrimonio da difendere. Per questo mi piacerebbe che i triatleti, i tecnici, la Fitri questa sera un po’ si indignassero, spiegassero che chi nuota pedala e corre non fa uno sport da “sfigati” che pochi praticano e pochi conoscono. Spiegassero che da queste parti si fa sul serio e non si perde tempo.