Alcol, droga, Alzheimer? Una proteina offre nuove speranze
Il cervello è un universo che nella sua complessità infinita nasconde misteri ancora oscuri, sollecitando continuamente la curiosità di scienziati ed esperti. L’obiettivo principe è quello di comprendere certi meccanismi, capire come funzionino le attività cerebrali, per poter consentire all’uomo di intervenire in caso di patologie legate alla sfera cerebrale o per rendere meno traumatico un ricordo. Di recente, ho avuto modo di parlare con la neuroscienziata Cristina Alberini, conosciuta in tutto il mondo per i suoi studi di eccellenza (condotti guidando il laboratorio alla New York University) sulla memoria e sui processi di formazione dei ricordi, degli importanti risultati raggiunti in questo campo.«Alla base del consolidamento dei ricordi – mi spiega – c’è la proteina IGF2 (fattore di crescita insulinico 2), responsabile della formazione della memoria a lungo termine. In laboratorio, abbiamo appurato che, aumentando la presenza di questa proteina nell’ippocampo, la capacità di memorizzare aumentava, in particolare, immediatamente dopo un apprendimento; mentre i ricordi diventavano più precari riducendo la quantità di IGF2».L’importanza della proteina potrebbe essere, quindi, la chiave per poter mettere a punto terapie per quelle malattie che provocano un indebolimento progressivo della memoria fino alla sua scomparsa, come a esempio l’Alzheimer. «In condizioni normali – aggiunge la studiosa – i ricordi si fissano nella memoria. Nel momento in cui si richiamano, attraversano un finestra di fragilità e, una volta ricomparsi, si consolidano rafforzandosi. Proprio durante la fase di fragilità, in un cervello colpito da malattia, sarebbe possibile intervenire per evitare di perdere il ricordo o, in caso di ricordi traumatici, per renderlo meno intenso. Dai nostri test, è emerso che gli effetti della proteina sono duraturi, purché assunta subito dopo l’apprendimento». Potrebbe sembrare fantascienza, specie se si legge la scoperta come la possibilità di creare una super memoria, ma gli studi portati avanti dalla ricercatrice sono finalizzati alle cure delle malattie come quelle sopracitate e anche delle dipendenze. «Chiunque soffra di dipendenze – conclude Alberini – cerca l’appagamento di una esigenza che nasce dal ricordo di sensazioni e di piaceri. Intervenendo su quel tipo di ricordo malsano, diluendolo e, addirittura, cancellandolo, si potrebbero guarire migliaia di persone come alcolisti o tossicodipendenti. Senza trascurare poi quelle patologie psicologiche legate a ricordi traumatici: indebolendo il ricordo si potrebbero sanare situazioni molto gravi che, spesso, sia la terapia farmacologica, psichiatrica, sia la psicoanalisi, non riescono a risolvere».