Ancora Tour perchè l’attegiamento di Alberto Contador non mi è andato giù sui Pirenei e ancor meno mi è piaciuto di fronte ai microfoni e ai taccuini dei cronisti. La toppa è stata peggio del buco. Come può lo spagnolo dire che non si è accorto che Andy Schleck era rimasto appiedato da un guasto? Come può dire che non l’ha visto quando è praticamente dall’inizio della corsa che i due si seguono anche quando vanno in bagno? Ogni campione ha la sua etica. Ogni campione può decidere di attaccare un avversario quando buca o gli cade la catena. La corsa è corsa e se c’è in ballo un Tour (e il business del Tour) la morale è poca cosa. Ma un campione, diventa un grande campione, quando non fa solo i conti con i suoi avversari. Quando si rende conto che le migliaia di persone che si accampano per giorni ai lati delle strade solo per godere i dieci secondi del suo passaggio e i milioni di appassionati che lo seguono in tv, da lui non si aspettano solo la vittoria. Sognano il grande gesto, quello epico, leale che trasforma l’atleta imbattibile in un idolo da imitare. E con loro non si bara. Contador sul podio dopo la sua <impresa> è stato fischiato mentre indossava la maglia gialla. E stato contestato sui Pirenei, che sono molto più Spagna che Lussemburgo, perchè molti tifosi si sono sentiti traditi. Presi in giro dal suo scatto in salita e dalle sue bugie.