Da Mora a Poli, da De Castella a Bordin a Tergat: 40 anni di Stramilano
Stramilano ultimo atto. Chiudo questa settimana dedicata alla gara della mia città con ricordo di cosa è stata questa corsa per Milano. Quarant’anni in cui è cambito tutto. Sono cambiati gli atleti, le scarpe, i tessuti delle maglie e ei tempi. Ma sono cambiati anche i milanesi e la città che, come ricorda Camillo Onesti, 85 primavere portate con l’energia di chi ancora corre, è diventata un po’ più grezza. Certo, come spesso capita, i ricordi tendono a tingersi di colori più dolci di quello che magari erano in realtà per il solo fatto che ci riportano indietro negli anni e alla nostra gioventù. Ma che Milano sia diversa è un fatto. E che sia un po’ meno romantica di 40 anni fa pure. Però la Stramilano resta la Stramilano e anche quest’anno ha portato al via mezza città, anche se sui tavoli dei ristori non c’è più il latte della Centrale e l’Ovolmaltina ma gli integratori e gli energy drink
Dicono che la vita cominci a quarant’anni e sarà così anche per la Stramilano che quest’anno spegne quaranta candeline. Quaranta arrivi e quaranta partenze che segnano, passo passo, la storia di una città che con questa maratonina ha imparato a correre e ad applaudire i grandi campioni del mezzofondo che, da queste parti, spesso hanno frantumato record che ancora oggi resistono. Alzi la mano chi tra i milanesi, almeno una volta nelle sua vita, alla vigilia della Stramilano non si sia mai sentito chiedere: «Ma tu la fai la Stramilano?…». E certo che la faccio… Perchè se si dà un’occhiata ai numeri ci si rende conto che l’hanno proprio corsa in tanti. A naso più di due milioni di persone che (sempre a naso) sono tutti gli abitanti della città più un bel po’ di quelli dell’hiterland. Ognuno con le sue storie, le sue ambizioni, la sua sfida e il suo tempo di gara ad arricchire un albo d’oro che è anche (e soprattutto) una grande, initerrotta pagina di costume che racconta come è cambiata Milano in tutti questi anni. Un affresco che, dai colori un po’ freddini delle foto digitali dello scorso anno, ci riporta al bianco e nero dei rullini Ferrania dell’inizio degli anni ’70. Quanrant’anni e non sentirli però. Quarant’anni che dal passaparola che aveva permesso ai pionieri del gruppo alpinistico Fior di Roccia e ad altri pochi clandestini di radunarsi una sera di 40 anni fa per la prima edizione arrivano quest’anno a fare i conti con le applicazioni dell’iPhone. Da scaricare per vedere il percorso, collegarsi a Facebook e scambiarsi consigli e altre diavolerie che permetteranno, come si usa dire oggi, di «interagire» con la corsa. Altri tempi quelli di allora e un’altra città. Era il 1970, ma sarebbe più esatto dire «correva» l’anno 1970, quando un gruppo di amici si stava riposando dalle fatiche della Milano-Proserpio, una 43 chilometri che si disputava di notte. Renato Cepparo, Camillo Onesti, Francesco Alzati, Luigi Mauri, Aldo Gelosa e Michele Mesto concordarono sul fatto che a Milano doveva rivivere una gara di quelle che si svolgevano durante la seconda Guerra Mondiale. E fu la Stramilano. «L’anno dopo 3.500 persone col pettorale erano al via in viale Suzzani – ricorda Camillo Onesti che a 85 anni ha lo stesso entusiamo di allora e di quando vinceva le medaglie olimpiche allenando la squadra azzurra di sci fondo femminile – Si correva di sera attraverso i viali della circonvallazione per 26 chilometri. E ognuno faceva un po’ quello che poteva. Avevamo inventato la prima gara podistica non competitiva in Italia e c’era un entusiasmo indescrivibile…». Una festa fatta di canzoni, di gente che si improvvisava pantaloni e gilet, con scarpe da tennis di gomma e stoffa. Altro che le tomaie in goretex, il gel e le suole antishock che si usano oggi. «Era una città soprattutto più educata – ricorda Onesti – Più curiosa e bendisposta e che ancora aveva rispetto delle divise dei ghisa. La Stramilano passava e sui lati delle strade la gente si sporgeva per vedere cosa stava succedendo. E applaudiva…». Oggi non sempre va così, ma anche se la città è cambiata, la Stramilano è rimasta e si continua a correre. Un fiume di persone. Un fiume di cinquantamila appassionati che per una mattina invadono la città e un po’ se la riprendono. Dal Duomo all’Arena fermandosi sui tavoli dei ristori di viale Abruzzi che una volta distribuivano acqua, latte della Centrale e Ovolmaltina e oggi dispensano invece barrette e integratori idrosalini. I tempi cambiano. Addio ai gadgets un po’ retrò, che facevano tanto Fiera Campionaria quando ogni sciocchezza regalata negli stand sembrava chissà che, per fare spazio nella sacca di gara alla maglia «tecnica», alle creme all’ozono e agli snack con carboidrati e aminoacidi per quelli che corrono sul serio. Sì perchè Milano, con la Stramilano, è diventata la capitale della corsa popolare ma anche di quella agonistica. «Da qui, da questa mezza maratona – spiega Onesti – sono partiti tutti i più grandi mezzofondisti dell’atletica mondiale: dai nostri Fava, Bordin, Poli, Cova, Pizzolato e Baldini ai grandi stranieri come De Castella, Kedir, Tanui e Tergat. Gente che ha fatto la storia di uno sport che la Stramilano ha contribuito a far conoscere». Un elenco di trionfi indimenticabili aperte nel ’76 con la vittoria di Victor Mora, un colombiano che si mise alle spalle i nostri Ciondolo e Fava. Foto in bianco e nero. Come quella di Gelindo Bordin che vince e abbraccia Salvatore Bettiol che gli arriva dietro nel 1987 e quelle di «diesel» Francesco Panetta che la Stramilano non l’ha mai vinta anche se per due volte è finito sul podio. Ma la storia è soprattutto quella degli Anni ’90, dei sei sigilli consecutivi di Paul Tergat, uno dei più forti atleti keniani di sempre che nel 1998 firma la miglior prestazione mondiale sulla mezza maratona con quel 59’17“ rimasto imbattutto e inavvicinabile fino a poco tempo fa. «E la leggenda continuerà per altri 40 anni – assicura Camillo Onesti – perchè in realtà la Stramilano è appena nata. Altro che quarant’anni…»