In canoa fino a Venezia per lasciare una traccia
«La barca è più sicura nel porto ma non è per questo che le barche sono state costruite…». Pietro Scidurlo, 34 anni da Somma Lombardo, apre così il suo sito internet (www.freewheels.it). Una frase che è tutta un programma, una filosofia di come una persona intende la vita. Che per lui, da quando è piccolo, è su una sedia a rotelle. Ma forse proprio per questo in continuo movimento tra viaggi e sport, le sue passioni e le sue imprese. Ma guai a chiamarle imprese. «Quelle le fanno gli eroi- si affretta a chiarire- Io mi limito a fare le cose normali che fanno le persone normali. E cerco di far capire a chi è meno fortunato che si può fare». Una «battaglia» per chi deve muoversi nella quotidianità di ogni giorno scontrandosi con un numero impressionante di barriere e di ostacoli. E non solo nelle grandi città. Così Pietro va. Si allena e parte per una serie di avventure che servono anche (soprattutto) a far conoscere ciò che fa «Freewheels», l’associazione senza fine di lucro che vuole sensibilizzare iniziative in grado di abbattere le barriere sia mentali che fisiche. L’obbiettivo è incentivare lo sviluppo dell’indipendenza fisica e sociale di ragazzi disabili, sostenendoli sia moralmente che psicologicamente, aiutando i genitori, gli operatori sociali, gli insegnanti e chiunque abbia a che fare con persone con disabilità. Insomma un gran progetto. Che è cominciato due anni fa quando Pietro ha percorso l’intero «Camino di Santiago» in handbike e che continuerà domani quando partirà con la sua canoa da Somma Lombardo per raggiungere Venezia. Cinquecento chilometri pagaiando fino in piazza San Marco per far sapere a tutti «che le barriere più grandi sono quelle imposte dalla nostra mente, basta avere la volontà di superarle». Con lui l’amico Michael Bolognini, insegnante di giavellotto dell’ atletica Pro Patria e Giampiero, uno skipper professionista che li guiderà in questa infinita «pagaiata». Non semplicissima: dal Ticino al Po e poi fino alla laguna superando rapide ed anche un paio di dighe artificiali. «Non ho paure se non quelle legate al fatto di navigare su due grandi fiumi in canoa- spiega Pietro– Non siamo professionisti ma persone con una grande forza di volontà ed è per questo che non voglio che si parli di impresa ma di un percorso nato per la voglia mettersi alla prova per poterlo raccontare e per essere utile agli altri».
Saranno minimo dieci i giorni di navigazione, per 6 o 7 ore di fatica quotidiana. Il resto è un po’ sulla scia della sua precedente esperienza da «pellegrino» nel Camino di Santiago e cioè arrivare alla fine di una tappa, trovare un posto dove mangiare e dormire e andare a letto presto. Senza fretta, senza voglia di record. «Il mio scopo è quella della condivisione, non della performance – spiega Pietro – Voglio lasciare una traccia per aiutare chi viene dopo di me…»