Gli italiani? Malati di ciclismo (nonostante tutto)
E poi ci si chiede perchè si continua a parlare di ciclismo. Perchè se ne parla nonostante il doping e gli scandali. Nostante la straordinaria capacità di autodistruzione di un movimento che pare godere a farsi del male. Nonostante le confessioni di Di Luca e Armstrong solo per citare gli ultimi due. Nonostante i processi, nonostante i blitz dei carabinieri che pescano decine di dilettanti ( in tutti i sensi) con le mani nel sacco. Nonostante le campagne che “sputtanano” il più bello sport al mondo che però ( vale sempre la pena ricordarlo) è quello che fa più controlli. E poi ci si chiede perchè sul Gavia, sullo Stelvio o sul Mortirolo ad applaudire c’è ancora ( sempre) una folla da stadio. Perchè il Giro, il Tour, le Fiandre o la Roubaix fanno il tutto esaurito sulle strade e in tv. Perchè molti bimbi a Babbo Natale chiedono la bicletta. E perchè la chiedono anche molti adulti… La bicicletta supera ogni traguardo, non conosce età, epoche o mode. E la passione che lega gli italiani al ciclismo sembra non finire mai. Lo spiega (bene) il rapporto della Link Campus University dal titolo “Il ciclismo tra percezione e comunicazione”. Le due ruote non sembrano conoscere crisi. Sono per il 30,8% degli italiani sinonimo di “salute”, mentre un’altra ampia fetta l’associa alla “natura” (il 20,4%). E spesso una stessa bici può raccontare storie diverse: gli italiani, complice la crisi, fanno ampio ricorso ai mercatini dell’usato, con il 35,8% che ne ha acquistata una di seconda mano. Però spendono e il mercato anche se a piccoli passi si muove. Popolo di ciclisti quindi ma come sempre un po’ allergico alle regole. Sul fronte sicurezza siamo indietro con circa la metà dei “pedalatori” coinvolti nell’indagine che afferma di non portare il caschetto. Ma è nello sport e nel tempo libero dove la bici trionfa. L’’83% di chi sale in sella lo fa per «svago» da solo e in compagnia e aumentano le famiglie che scelgono la bici anche per andare in vacanza. E poi lo sport. Quelli che fanno sul serio, quelli più o meno tecnici, più o meno allenati, più o meno “fissati” . Sono sempre tanti. Crescono. Un italiano su cinque quando sale su una bicicletta lo fa con spirito agonistico. Siam fatti così: competitivi e depilati. D’altra parte c’è una tradizione nazionale da onorare. Bartali. Coppi, Moser, Saronni e ora Nibali: dalle nonne ai nipotini tutti sanno chi sono cosa hanno fatto. Per non parlare di una delle corse più importanti come il Giro d’Italia che soprattutto nelle province è ancora vissuto come un evento. L’Indagine è stata presentata nella sede di Confindustria, dove ad aprire la discussione c’era il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, già patron della Mapei tra il 1993 e il 2002. «Il ciclismo non è solo uno sport- ha detto – ma è una passione vera. E poi: puoi essere chiunque ma se non pedali comunque arrivi ultimo». E anche questa è una verità che fa grande questo sport.