Fa un certo effetto ritrovare Antonio Rossi al quarto piano del nuovo Palazzo Lombardia. Difficile dimenticare ciò che è stato.  Difficile cancellare dalla mente la voce di Giampiero Galeazzi, le pagaiate di gloria, i trionfi e gli ori olimpici. C’è un bel pezzo di storia azzurra nelle sue braccia ma non si vive di leggende, ora c’è un presente che probabilmente sarà anche il futuro, c’è un assessorato importante che dà onori ma anche responsabilità. Lo sport lombardo, le strutture, le politiche, gli investimentui passano anche da qui.  E non sempre sono decisioni semplicissime, non sempre basta aumentare il numero dei colpi in acqua per mettere la punta della barca davanti, non sempre qui il risultato dipende dalle tue forze, da quanto hai ancora da spendere, da quanto ti sei allenato. Però fa piacere chiacchierare con un assessore allo sport che parla di sport e che ti dà sempre la sensazione di sapere di cosa sta parlando. Non capita sempre…

Assessore Rossi da dove deve ricominciare lo sport lombardo?
«Dalle scuole, si comincia sempre dà lì. Dai bambini e dai genitori che devono imparare che l’ora di educazione fisica non è un’ora buca».
E chi glielo spiega?
«Innanzitutto i loro insegnanti. E poi degli esperti, neolaureati in scienze motorie che già dall’anno scorso stanno facendo questo con il nostro progetto di “Scuola in movimento”».
Che sarebbe?
«Sarebbe l’integrazione del progetto di alfabetizzazione motoria del Coni a cui si è aggiunto un nostro finanziamento di 1,3 milioni che ha coinvolto 130mila alunni di oltre 5mila scuole per oltre 100mila ore di lezione».
E cosa fanno questi 406 esperti?
«Affiancano gli insegnanti nelle ore di educazione fisica per un’ora alla settimana e danno indicazioni ai maestri su cosa fare nella seconda ora settimanale. Così riusciremo a portare più sport nelle scuole primarie e a trasmettere ai nostri figli una sana cultura sportiva. È andata bene e così si dovrà ripartire dal prossimo ottobre».
E ciò basterà a convincere le famiglie che lo sport è necessario?
«Non lo so però si deve cominciare da qui. Facendo sempre qualcosa in più. Così in accordo con i colleghi di Sanità e Istruzione da quest’anno stiamo pensando di far fare agli alunni delle elementari anche una visita medica sportiva. Per avere un dato in più che ci faccia capire ad esempio se tra i ragazzi lombardi esiste un problema di obesità, di eccessiva sedentarietà o altro ancora. Un punto di partenza che potrebbe essere utile per conoscere le caratteristiche fisiche dei ragazzi, se sono portati per sport di resistenza oppure di esplosività».
Insomma la Regione sale in cattedra…
«Neanche per sogno. Non vogliamo sostituirci ai maestri che fanno benissimo il loro mestiere. Noi cerchiamo solo di dare un contributo tecnico, concreto. E anche se possibile delle idee. Ad esempio con la collaborazione della Scuola di Scienze motorie stiamo anche pensando di individuare una serie di giochi didattici da poter far fare ai ragazzi durante gli intervalli».
E le iniziative delle Federazioni?
«Ben vengano, porte aperte a tutte le federazioni che vogliono fare corsi per far conoscere le loro discipline ai ragazzi. A scuola c’è posto per tutti, dal rugby al basket, al ciclismo agli scacchi…».
Perfetto ma dopo che i ragazzi avranno imparato la “lezione” poi lo sport dove lo fanno. In Lombardia la situazione degli impianti non è rosea.
«È vero purtroppo. Il 62 per cento degli impianti non è perfettamente fruibile e il 42 per cento degli impianti ha più di 30 anni. C’è da fare…».
Da che parte si comincia?
«Intanto dalle palestre delle scuole. Abbiamo stanziato 3 milioni e mezzo per ristrutturarle. Con un doppio obiettivo. Quello di permettere agli studenti di far lezioni in strutture migliori e più sicure e quello di permettere anche ai residenti di utilizzarle negli orari extrascolastici».
E poi?
«Poi puntando sulla collaborazione tra pubblico e privato cercando di valorizzare non solo la costruzione dell’impianto, ma anche la sua gestione. Abbiamo sottoscritto una convenzione con l’Istituto di credito allo sport non tanto per spuntare tassi più bassi di interesse quanto per avere maggiore facilità di accesso al credito per gli enti o associazioni sportive dilettantistiche. Stiamo studiando un bando in accordo con l’Ics di 4milioni per l’impiantistica sportiva in regione che uscirà a settembre-ottobre».
Però c’è uno stanziamento da 18 milioni di euro firmato dal «fu» governo Monti che sarebbe dovuto servire ai progetti dei privati di cui non c’è più traccia?
«È una storia lunga. Era un bando fatto male che è stato bloccato da un ricorso della regione Veneto alla Consulta. Certo è che quei soldi non si sa che fine abbiano fatto. Ho scritto una lettera aperta al governo ma per ora non ho avuto risposte».
Sembra tutto sempre molto complicato. Un po’ come la cittadella dello sport sui terreni di Expo?
«No lì la situazione è diversa».
Cioè?
«Cioè che il Milan sembra avere tutta l’intenzione di costruire il suo stadio. A noi però interessa realizzare anche una piscina olimpionica e un palazzetto polifunzionale dello sport che potrebbe coinvolgere l’Hockey Milano così potrebbe partecipare al campionato russo con cui ha avuto contatti e che è uno dei più prestigiosi e ricchi al mondo. Su questi progetti stiamo aspettando le analisi del Coni».
Il 2015 è qui, è il momento forse di aumentare la frequenza delle pagaiate?
«Diciamo che con le altre istituzioni c’è una buona collaborazione e una lunga lista di eventi anche sportivi che verrà messa in calendario. I problemi potrebbero saltare fuori quando si dovrà decidere chi pagherà cosa…».
E per le olimpiadi 2024?
«La Regione Lombardia su questa candidatura si è battuta solo perché a noi interessava la cittadella dello sport sull’area di Expo. Quando se ne parlò il Coni partì subito con la proposta di Roma e ci sembrò strano visto che noi avevamo la possibilità di muoverci su un evento così importante. Certo è che se l’italia vuol sperare in un un’olimpiade deve da subito pensare ad una candidatura unica. Altrimenti si corre ad handicap».