Alessandro Fabian è tornato in gara a Londra in occasione della quarta tappa di WTS,  world triathlon series, disputatasi sabato 31 maggio. Diciamo subito che è arrivato 35mo ma diciamo anche che non è un risultato da buttare via  perchè l’azzurro in questi mesi ha dovuto pensare soprattutto a mettersi alle spalle l’infortunio che lo ha rallentato in tutta la fase della preparazione. Il 22 giugno sono in programma  a Kitzbühel, in Austria, i campionati  Europei  che per  Fabian sono una tappa importante anche se il suo vero obbiettivo restano le olimpiadi. Si farà in tre per andare a Rio. Nuotare, pedalare e correre. E ancora nuotare, pedalare e correre fino a sfinirsi perchè il decimo posto di Londra due anni fa, il miglior risultato maschile di sempre nella storia del triathlon azzurro, non basta più. Anzi sarebbe una delusione. Non lo dice ma alle prossime olimpiadi brasiliane ha tutta l’intenzione di andarci per essere protagonista. E da uno che da cinque anni vince consecutivamente il titolo italiano nella distanza olimpica ( 1500metri a nuoto, 40 chilometri in bici e 10 di corsa ndr) ed è vice campione europeo ce lo si può anche aspettare.

 

Cominciamo dalle cose serie lei è un carabiniere?
«Sì, certo. Faccio parte del gruppo sportivo dell’Arma che mi permette di fare ciò che faccio. E’ un sostegno fondamentale. Attualmente in Italia quasi tutti gli atleti che primeggiano a livello internazionale fanno parte di gruppi sportivi militari»
 Lo sa vero che lei oggi è l’immagine del triathlon in Italia?
«Non so se sia così. Non credo. Ci sono tanti atleti azzurri molto forti in questo momento che gareggiano con successo nei circuiti internazionali… “
Gare ma non solo. Spesso anche eventi e manifestazioni  che la vedono come testimonial di uno sport che sta crescendo. Non ha paura di distrarsi?
« Il triathlon è uno sport che negli ultimi anni ha avuto una bella esplosione. Ma dobbiamo fare ancora molto soprattutto per fare avvicinare i più piccoli. Il compito di noi atleti è anche quello di farlo conoscere…senza distrarsi troppo ovviamente»
Lei lo ha scelto subito il triathlon?
No io da piccolo avevo la passione del nuoto»
Beh passione…diciamo che dai racconti di sua madre era l’unico modo per tenere a bada  un bimbo che faceva per quattro…
«Si è vero ho cominciato anche per questo motivo. Nuoto poi nuoto agonistico a dieci anni. Un bel sacrificio soprattutto per mia madre che mi portava avanti e indietro. Ricordo che spesso ripassavamo le lezioni del giorno dopo in macchina. Soprattutto le tabelline…che non sono mai state il mio forte.
E adesso?
«Beh adesso studio da solo, ci mancherebbe. Faccio scienze motorie»
Torniamo allo sport. Dal nuoto quando è passato al triathlon
«A diassette anni quando ho scoperto uno sport che mi ha emozionato ed è entrato a far parte della mia vita. E non ne sono più venuto fuori. »
Cosa la emoziona di più?
«L’adrenalina che c’è alla partenza. Alle olimpiadi di Londra ci hanno tenuto tutti in una stanza grande come un ufficio poi siamo sfilati tra migliaia di persone. E’ partita una musica che piano piano è diventata un battito cardiaco. Qualche secondo prima di tuffarsi l’unico rumore che sentivo era il battito del mio cuore che andava a mille…”
E ci si tuffa…
«Si poi non si pensa più a nulla, solo alla gara»
Che poi è una bella tirata di 40 chilometri in bicicletta e infine una bella corsa di 10. Quali sono i suoi punti forti?
«Sono nato e cresciuto come nuotatore e quindi in acqua sono a mio agio. Ma sono migliorato anche in bici e in corsa. Diciamo che sono al 70 per cento delle mie possibilità. Quindi mi resta ancora parecchio da fare»
Lei è l’atleta azzurro di punta di questo sport. Allenamenti, gare, viaggi in giro per il mondo seguendo il world tour. É solo un mestiere o si diverte?
«Faccio l’atleta perchè mi piace e perchè è il modo migliore che ho di esprimermi. Faccio questa vita perchè il triathlon mi emoziona ed è ciò che voglio fare e ho scelto di fare. Diciamo che è ancora uno sport puro»
Però il business cresce…
«Si certo, e sarei ipocrita se dicessi che mi dispiace. Ovvio che mi fa piacere perchè è il mio sport e se diventa di moda tanto meglio. Ciò che conta è che riesca sempre ad emozionarmi, a giustificare la voglia di allenarsi, di lavorare, di far fatica e sacrifici”
Anche a tavola visto che è magro come un chiodo?
«Diciamo che mi do delle regole soprattutto quando si avvicinano gli appuntamenti importanti»
Ma non le mancano le cose che i suoi coetanei fanno a 25 anni?
«Non è che rinuncio a tutto. Quando devo allenarmi mi alleno, quando devo andare in trasferta per una gara ci vado ma non vivo tutto ciò con la pesantezza delle rinunce»
Muta, cuffia occhialini, poi la bici. E poi ancora via le scarpe da ciclista per mettere quelle da running. Ma non le sembra uno sport un po’ da isterici?
«Basta venire a vedere una gara di triathlon per rendersi conto che è esattamente il contrario, C’è solo gente che si diverte…
Non è per tutti però. Dica la verità un po’ ve la tirate…vi sentite un po dei superman?
«Anche questa è una cosa da sfatare. Certo per affrontare una gara di triathlon olimpico ci si deve allenare ma è meno da superman di quello che si pensa. Anzi. Si crea sempre un clima molto bello tra tutti. Tra i campioni e gli amatori, tra chi corre per vincere e chi lo fa per divertirsi. É uno dei pochi sport dove gli amatori possono correre con i campioni fianco a fianco. E comuqnue non conosco atleti che se la tirano…»
Torniamo al suo forte, cioè ai numeri…
«Nel 2016 ci sono le olimpiadi le olimpiadi di Rio e nel 2020 quelle di Tokio. Se faccio due conti avrò 28 e 32 anni e me la posso giocare. A patto di migliorare la mia corsa…Ma questo non lo scriva».