Quando si sente dire che lei è un’istituzione del triathlon azzurro si mette a ridere: “Questo non me l’aveva mai detto nessuno…”. Poi però ti fermi un attimo a riflettere ti convinci che quando si parla di Martina Dogana è davvero così. Difficile non pensare a lei quando devi farti venire in mente una donna italiana che abbia scritto pagine importanti di questo sport.  E l’atleta di Valdagno di imprese importanti ne ha firmate parecchie in questi anni a cominciare da una bella laurea in lingue. Ha vestito per diverse volte la maglia della nazionale azzurra,  è stata per due volte ai mondiali di Ironman di Kona alla Hawaii, ha vinto un Ironman ( a Nizza nel 2008), un titolo europeo a squadre nella distanza lunga (nel 2010 in Spagna),  gare del world tour, del Challenge e titoli italiani ( tanti), l’ultimo poche settimane fa a Barberino del Mugello sulla media distanza.  La scorsa settimana è arrivata  prima anche sul traguardo del Varonolake113, una partecipazione decisa all’ultimo momento più col  cuore che con la testa. Ma soprattutto dettata dalla voglia di cominciare ragionare come dice lei ” in modalità ironman”. Già, perchè a fine agosto l’atleta del Forhans Team  tornerà alla full distance nel Challenge di Vichy.

 

Cominciamo dalla fine. Allora torna a gareggiare in un Ironman?
“Sì, ad agosto in Francia nel Challenge di Vichy. E’ una sfida che mi affascina…
Però impegnativa, diciamo che per preparare una gara così la testa dev’essere tutta lì…
“Diciamolo. Anche se poi non è che diventa una fissa. Però bisogna prepararsi e così si mettono in cantiere una serie di gare di avvicinamento come il 70.3 di Arona che quest’anno ho deciso di tornae a correre. E’ una gara molto bella e molto ben organizzata”
E se va bene magari torna a fare un pensierino ai mondiali di Kona?
“No, per Kona il discorso è diverso. Ci sono stata due volte e quello era l’obbiettivo che professionalmente volevo raggiungere. Per il resto devo ammettere che non è una gara che si adatta alle mie caratteristiche ma si addice ad atlete più potenti di me. E poi le condizioni di corsa sono davvero estreme. Diciamo che là non sono competitiva…
Quindi?
“Quindi non è una fissa. Non mi alleno, non corro e non vivo pensando ai mondiali di Kona. Certo se dovesse capitare…
Sembra un po’ il file rouge della sua vita sportiva. Lei che da ragazzina faceva atletica e sci di fondo poi si è ritrovata a far triathlon…
“Non è proprio così. La mia storia in questo sport è una tradizione familiare visto che mio padre e mia mamma facevano tutti e due triathlon. Io da piccola ho cominciato a fare atletica e andavo sugli sci da fondo come tanti bambini qui dalle mie parti visto che siamo abbastanza vicini all’Altopiano di Asiago.
Poi la scintilla…
“Si anche se forse è stato più un innamoramento lento visto che il nuoto non era il mio forte…
Anche oggi?
“Oggi va decisamente meglio. Sono migliorata”
E’ il suo punto forte?
“No, magari… Il mio punto forte resta la corsa. Io arrivo da lì..”
Pero a forza di allenamenti, sacrifici e rinunce la famosa coperta corta di cui parlano tutti i triatleti si è allungata parecchio…
“Si è vero. E’ il problema di tutti: cercare di trovare una buon equilibrio tra i tre sport. Ci si allena duramente e si fanno sacrifici ma non è una vita di rinunce…”
Deve dire grazie a qualcuno?
“Alla mia famiglia innanzitutto. E ora anche al mio compagno Mirko…che è molto paziente…”
Corre anche lui?
Nuota, corre e pedala…ma non gareggia. E’il mio factotum, il mio consigliere e il mio primo tifoso. Se non ci fosse lui per me sarebbe un guaio. Quindi…niente gare”
Le manca qualcosa della vita “normale”?
” Guardi che la mia è una vita normalissima. Non vivo nulla come rinuncia perchè faccio ciò che mi appassiona più di tutto ed è stata una mia scelta”
Ma non le pesa di essere sempre in giro a gareggiare?
“Sinceramente non è che faccio una vita da giramondo. Anche se devo ammmettere che quando penso ad una vacanza penso soprattutto di starmene a casa mia senza muovermi”
E magari a a scrivere…
“A già. il mio libro sul Triathlon…
Come è nata l’idea…
“L’idea è venuta agli editori della Hoepli che volevano pubblicare qualcosa su questo sport che sta obbiettivamente crescendo. Però si sono accorti che le pubblicazioni erano quasi sempre molto tecniche piene di tabelle e schemi di allenamento o comunque traduzioni di scritti già pubblicati”
E allora?
“E allora abbiamo pensato di scrivere un qualcosa che fosse sì una guida ma anche uno strumento per avvicinare chi fosse incuriosito a questo sport. Un libro per rendere il triathlon un po’ più fruibile isomma..
Già perchè questo resta uno sport da superuomini o superdonne nell’immaginario collettivo…
“Si è vero, anche se poi in realtà non e così. Certo, una gara di triathlon non è una passaggiata ma neppure un’impresa titanica”
Quindi cosa consiglia a chi ci vuol provare?
“Innanzitutto di venire a vedere una gara. E poi di fare le cose con metodo, senza strafare”
Qual è il rischio di improvvisare…
“E’ quello di farsi male, di infortunarsi ma è soprattutto quello di avere poi dopo qualche mese di full immersion una crisi di rigetto..
E così si molla tutto
“Sì. proprio così…”
E invece il triathlon se uno non molla cosa ti insegna…
“Il triathlon è uno dei pochi sport dove ognuno mette in gioco se stesso. Certo, c’è la sfida con gli altri ma sopratttutto la sfida è con se stessi. E uno sport che migliora l’autostima”
E magari aiuta un po’ a sognare. Lei cos’ha nel cassetto?
Un Ironman sotto le nove ore…
Magari ad agosto ala Challenge di Vichy…
“Magari…”