Cuochi, piloti, astronauti…fanno bene al triathlon
L’altro giorno chiacchierando con Massimiliano Rovatti che di triathlon ne capisce un bel po’ perchè li fa e organizza quelli che contano, ci siamo detti che l’ Ironman di Kona quest’anno sarà una bella occasione per finire sulle pagine dei giornali con un po’ di spazio in più che non con la solita notiziola in breve a pagina 44. E senza storcere il naso. Certo il triathlon è quello olimpico e chi ne capisce lo sa. Però non è il caso di star lì a precisare, a distinguere, a spaccare il capello in quattro. Se uno sport vuole crescere deve accettare anche queste “volgarizzazioni” altrimenti rimane un bella “riserva indiana” in cui sopravvivono poche migliaia di eletti. E lì resta. Con buona pace di tutti, sponsor compresi. Allora ben venga Alex Zanardi che, lui per primo, sa che la sua è una sfida a parte e che poco c’entra col mondo dei triatleti. E allora ben venga anche l’astronauta Luca Parmitano che, come mi ha detto subito qualche mese fa Sergio Contin che l’ha preparato, “E’ chiaro che stiamo parlando non di un triatleta di vertice ma di un ottimo atleta amatoriale…”. E allora ben vengano Gordon Ramsey, Joe Bastianich, David Beckham quando deciderà di provarci e chiunque porti un po’ di visibilità a una disciplina che ha tutte le potenzialità per crescere ma nell’immaginario collettivo resta ancora quella dei superuomini o degli “eroi” come direbbe Aldo Rock. Va così. Da noi c’è il calcio e poi tanti sport minori. Che trovano lo spazio che trovano ( pochissimo) a meno che non ci sia qualcosa o qualcuno che ogni tanto gli tiri la volata come ha fatto Linus dai microfoni di radio Deejay con la maratona. Anche lì i maratoneti duri e puri all’inizio strorcevano il naso, poi si sono resi conto però che l’operazione che stava facendo quel “deejay” che consideravano un intruso faceva bene a un movimento che fino ad allora aveva traccheggiato tra le garette da strapaese. Certo, l’Ironman non è per tutti. Però quella mezza follia inventata nel 1978 alle Hawaii da tre marines ubriachi che sulla spiaggia discutevano di quale fosse la disciplina sportiva più dura in assoluta al mondo, è diventata la sfida di molti. Tanti. Che ci provano non avendo fisico, allenamento e a volte neppure testa e quindi rischiano ben oltre il dovuto. Però il fascino c’è e non si discute. Così Kona diventa la vetrina ideale per far fare un po’ di passerella a un sport che altrimenti rischia di restare dietro le quinte. Ben venga allora Daniel Fontana, il capitano della DDs che L’Ironman lo fa di mestiere, domenica sarà lì per giocarsela e quindi si merita il più grande degli “in bocca al lupo”. Ma benvengano anche tutti gli altri: piloti, astronauti, cuochi, ex calciatori, ex modelli, attori e ballerine…E senza storcere il naso. L’importante è che se ne parli.