Elogio (ma non troppo) del tappeto
Conosco gente che sul tappeto ha preparato la maratona. <Tapis> dicono i francesi che con il loro charme riescono a rendere affascinanti anche le cose più terribili. Facile. Imposti velocità e pendenza e cominci a correre. Ed è tutto scritto davanti a te: calorie, media, intermedi, chilometri. Il tappeto sta alla corsa come i rulli alla bicicletta. Un’equazione perfetta che dà il valore esatto di quanto uno sia fissato. E c’è chi passa mattinate intere in garage a pedalare in attesa di un tempo migliore, in attesa di “svernare”. Qualcuno ascolta la radio, altri più integralisti si concentrano solo sull’indicatore dei watt, altri ancora si collegano a un pc che trasmette una tappa del Tour e ti fa alzare sui pedali quando scatta la salita. Surrogati più o meno tecnologici che permettono a molti “malati” di garantirsi la “dose”. E così se uno nuota, corre e pedala si organizza. E il tappeto è spesso l’alternativa, soprattutto con le piogge di questi giorni con le strade che sono fiumi in piena. Di solito, se uno non ha un patologia gravissima, il tappeto non ce l’ha a casa ma va a cercarselo in una palestra. Entri, ne scegli uno un po’ defilato per non dare troppo nell’occhio perchè solitamente c’è un limite di tempo. “Max 30 minuti” c’è scritto appena sotto il pulsante rosso dell’emergenza. Ma è ovvio che sei lì per correre di più: devi allenarti, mica dimagrire… I “tapis” più raffinati hanno la radio. E anche la tv. Ti sintonizzi, colleghi un auricolare e così, mentre passi i 15km e ti avvicini alla mezza ti puoi anche tenere informato con un tg o goderti una puntata di qualche format della De Filippi, perchè dopo l’ora e mezzo sei pronto a seguire ogni cosa anche la televendita un macinacaffè o una lezione sulla quantistica applicata del Dipartimento Scuola Educazione. E così ti passa un po’ di più… Bevi, sudi da far vergogna, ti asciughi, te ne freghi dello sguardo un po’ schifato ( tanto schifato) della signora con i fuseaux rosa, la bandana rosa, la “generosa” maglietta rosa e le scarpe rosa che ti corre a fianco e porti a casa la tua quotidiana razione di fatica. Va così. C’è chi “cascasse il cielo” non rinuncia, non ce la fa proprio ad uscire da casa senza la borsa, senza un paio di scarpe da corsa, senza guanti e mantellina. Poi alza la testa dà un’occhiata al cielo e si rende conto che “oggi davvero non si può…”. E così prende la strada di una palestra. Male che vada c’è sempre un tappeto che ti aspetta. Come si dice a Milano: “Piutost che nient, l’è mei piutost…”