Londra, la maratona di Paula…
Poi uno vede la maratona di Londra e capisce che c’è differenza. Non è un fatto di cifre. I numeri contano ma la differenza la fanno altre cose. La tradizione, l’accoglienza, il pubblico, i campioni che si dice sempre che non contano ma alla fine contano. La differenza la fa il clima che non è il meteo che a Londra non è mai chissà cosa. E’ la sensazione dell’evento, di farne parte, di essere protagonisti al pari (quasi) del keniano Eliud Kipchoge che dopo 42 chilometri gela in volata Wilson Kipsang in 2:04.42. Al pari de Jenson Button, l’ex pilota Mc Laren che esordisce in maratona e, da buon triatleta, arriva al traguardo in 2 oper e 50 minuti. Al pari di Christy Turlington, top model, volto di Kelvin Klein, mamma, maratoneta ma soprattutto bellissima. O del governatore della Banca di Inghilterra Mark Carney che in calzoncini e canotta mostra fiero la sua medaglia al traguardo. Al pari di James Toseland che qualche anno fa correva ma in moto e anche forte visto che per due volte è stato campione mondiale in Superbike. La differenza a Londra la fanno l’aria che che si respira, l’attesa, 800mila persone sulle strade a battere le mani, i rampolli della famiglia reale a fare il tifo dietro le transenne, Buckingham Palace e un traguardo che solo a guardarlo in tv ti fa venire i brividi. E figurati ad esser lì. Ma la differenza a Londra, sopra ogni cosa, la fa Paula Radcliffe, menbro dell’ordine dei cavalieri di sua Maestà, la donna più veloce di sempre sui 42 chilometri ma molto, molto altro ancora. Mondiali, europei, quattro partecipazioni olimpiche, tre vittorie e New York e un record del mondo (2h15’25”) che ancora resiste. La maratona femminile, nonostante tutto e tutte, porta ancora il suo nome, il suo correre dinoccolato e la testa ciondolante. La storia l’ha scritta lei. Ma alla alla fine bisogna sempre scegliere. La vita è così. La maratona anche. Alla fine succede sempre qualcosa che ti obbliga a fare delle scelte: la voglia, l’età, il destino o un tendine d’Achille che ti tormenta, che da quattro anni non ti fa correre una maratona e che ti fa arrendere. Così pare. E Paula Radcliffe, che qui a Londra aveva già vinto tre volte e dodici anni fa aveva firmato il record del mondo, stamattina a 42 anni è tornata per l’ultima volta. L’ultima sua maratona. Così doveva essere. Così aveva detto: “Farò un tempo lento e questa cosa mi infastidisce- aveva raccontato al Guardian– Ma la vera vittoria è essere ancora qui ….”. Partiva dietro. Non con le prime. Niente ristori personalizzati, niente lepri, niente di niente. L’ultima fatica per Paula era l’abbraccio con i suoi tifosi. Tantissimi. Con suo marito Gary e i suoi figli Isla e Raffaello all”arrivo. Era la passerella che rendeva onore ad una carriera straordinaria. Poi però succede sempre qualcosa. La sua testa riprende a ciondolare, le sue gambe a girare infischiandosene di quel tendine maledetto e alla fine il tempo che doveva essere solo “onesto” come aveva detto al mondo è di 2h36’55”, lontano dal suo record, lontano anche dal crono dell’etiope l’etiope Tigist Tufa che vince a a sorpresa la gara femminile. Ma inferiore alle 2ore e 42 che fissano il lasciapassere er le olimpiadi di Rio. E’ aalora un tempo che autorizza un sogno. Un altro sogno. O un sogno che continua..