«Non si capisce esattamente come sia la situazione, ma sicuramente si va tutti in giù . Il problema è che a valle la situazione è drammatica e quindi sembra che ci siano delle difficoltà logistiche per trasportare gli alpinisti. Sicuramente oggi e domani resteremo al campo base, poi prenderemo le giuste decisioni. Comunque potete stare tranquilli che noi stiamo bene». Marco Zaffaroni  e suo compagno di spedizione Roberto Boscato, che stavano tentando la conquista dell’Everest con uno sherpa senza ossigeno sono ancora fermi al Campo Uno dell’Everest. Danno notizie di loro dal blog  “Everest 2015 in stile gitante” e in tanti tirano un sospiro di sollievo. Lo “Zaffa”, come lo chiamano tutti è un’istituzione nel mondo del triathlon e non solo del triathlon.  Era partito per realizzare un sogno e la spedizione era infatti iniziata con una tappa per lui importante: la visita all’ospedale di Kalika dove Zaffaroni e Mario Merelli, alpinista bergamasco scomparso nel 2012, hanno deciso di realizzare un progetto a favore di una delle popolazioni più povere del Nepal. Costruire un ospedale perchè il 90% dei parti qui avviene in casa, la percentuale di madri che muoiono mettendo alla luce il proprio figlio è del 3% e la mortalità infantile raggiunge il 50% nel primo anno di vita. Per ciò è nato l’ospedale di  realizzato da La Goccia ONLUS in collaborazione con Friesian Team. E anche per qusto Zaffaroni è tornato in Nepal.  Con Boscato era partito per Kathmandu il primo di Aprile  e per acclimatarsi e prepararsi alla salita sul tetto del Mondo aveva già scalato la vetta dell’Island Peak, cima di 6.189 metri utilizzata per rifinire la propria preparazione prima dell’attacco degli 8.848 metri della cima.  Il 18 i due italiani avevano raggiunto il Campo Base e nella notte del 24 aprile hanno iniziato l’ascesa verso il Campo 1, dove sono rimasti bloccati in seguito alle valanghe causate dal sisma. Ore di paura poi i primi messaggi. Che hanno portato il sollievo di quanti lo conoscono e sono tanti.  Sollievo che si è esteso per il ritrovamento di molti italiani di cui si erano perse le tracce ma che in queste ore in Italia si mescola all’angoscia per la scomparsa di quattro speleologi del Soccorso alpino nel villaggio di Langtang, la meta prediletta dagli amanti del trekking che ieri è stato sepolto da una valanga.   Intanto l’Unità di crisi della Farnesina prosegue la ricerca dei nostri connazionali nel Paese perchè risultano altri 40 dispersi con una squadra in partenza per Kathmandu, dove collaborerà con un ’advanced-team’ della Protezione civile. Un lavoro reso molto difficile dalle condizioni delle comunicazioni telefoniche sul posto e dal fatto che solo otto italiani si erano registrati al sito www.dovesiamonelmondo.it prima di partire per il Nepal.  tra gli alpinisti bloccati c’è anche Marco Confortola, bloccato invece sul Dhaulagiri, ha detto al telefono di essere preoccupato «perchè le scorte alimentari si stanno fortemente riducendo e con la nuova forte scossa di oggi la situazione è diventata ancora più pericolosa con altre, grosse valanghe». Ma ha intenzione di scendere a valle «il prima possibile con le mie gambe. Gli elicotteri devono servire unicamente per i soccorsi della popolazione».