L’Ironman e il cow boy d’acciao
Cinquanta Ironman in cinquanta giorni in cinquanta Stati diversi. C’è da impazzire solo all’idea. Ma James Lawrence, 39 anni, americano dello Utah, due mogli, cinque figli e una vita passata ad inseguire record è un tipo abituato alla sua follia. Negli States è un piccola celebrità. E’ diventato famoso per i suoi cappelli da gringo che indossa a volte anche durante le gare e che gli sono valsi il soprannome di “cow boy di ferro” ma soprattutto perchè due anni fa è entrato nel Guinnes dei primati per aver corso 22 mezzi Ironman in 22 settimane. Nulla rispetto a ciò che si prepara a fare ora: cinquanta ironman in cinquanta giorni fanno a spanne più di 7mila chilometri divisi tra nuoto, bici e corsa. Una follia che farebbe tremare i polsi a chiunque ma soprattutto ai suoi medici che temono finisca male e hanno cercato di impedirgli di provarci fino all’ultimo. Niente da fare. Lawrence è un tipo tosto: “Lo so che è pericoloso- spiega- Ma so anche che ce posso arrivare in fondo. Conosco i miei limiti e sono sicuro di poter fare molto meglio di cioè che ho fatto fino ad ora. Non ho nessuna intenzione di fallire. Non esiste una opzione b…”. Così il 6 giugno si parte. E si comincia proprio dalle Hawaii dove l’Ironman è nato per andare il giorno dopo in Alaska e poi in Messico. Un giorno dopo l’altro fino al 25 luglio a Provo nello Utah dove tutto dovrebbe finire. E comunque vada sarà un successo. Perchè l’obbiettivo di Lawrence è certamente quello di arrivare in fondo alla sua impresa ed entrare per la seconda volta nel Guinnes dei primati ma soprattutto raccogliere fondi per una onlus che costruisce dighe in Africa per portare acqua nei villaggi dove ancora non c’è. E a giudicare dagli sponsor e dalle donazione che stanno cominciando a seguire l’impresa del cowboy sembra già una scommessa vinta. ” Dicono che sono folle- spiega Lawrence – ma invece è folle che oggi dei bimbi non sopravvivano perche non hanno acqua da bere . Per ciò è necessario fare qualcosa di folle perchè la gente presti attenzione a questo problema…”. E da questa prospettiva cinquanta Ironman in cinquanta giorni in cinquanta Paesi diversi sembrano tutto fuorchè una follia…