Il Tour, Froome e i tifosi: un brutto presagio
Il tour è finito: viva il Tour. Va in archivio la 102ma edizione della corsa gialla con la seconda vittoria di Chris Froome, l’inglese keniano che non piace a tutti per come pedala e perchè non è un condensato di simpatia. Però va forte, fortissimo, ha uno squadrone che lo segue compatto e mette in fila tutti. Quindi viva Froome al di là delle polemiche, dei sospetti, dei dati e delle discussioni sui dati. Fino a prova contraria nel ciclismo chi vince è il più forte e il resto sono chiacchiere. Ma il 102mo tour si chiude con un brutto presagio. Ciò che ha sempre fatto del ciclismo uno sport diverso dagli altri sono stati i suoi tifosi. Gente semplice, appassionata, abituata a far fatica e a soffrire anche per regalare l’ applauso di un secondo. Gente che si arrampica sulle montagne come gli stambecchi, che bivacca, che sta ore sotto l’acqua per godersi uno spettacolo che dura pochi minuti. Gente che non ha nemici, che non tifa contro, che magari qualche spintarella in salita la dà ma ce n’è per tutti. Gente che al fumo dei bengala da laniare in campo prefersice quello di una griglia di salamelle. Non è la retorica del tifo corretto. Però è così. Il ciclismo è popolare perchè è spettacolo ma anche perchè è fatica e rispetto. E’sempre stato così ma qualcosa comincia a rompersi. Chris Froome sulle salite francesi è stato insultato, ho visto tifosi fare il gesto dell’ombrello al suo passaggio e un idiota di turno gli ha anche tirato addosso dell’urina. Sembrava un po’ di essere allo stadio. E questo per il ciclismo è davvero un brutto presagio…