Brianza, la Silicon valley della bici
Usmate, Basiano, Cavenago, Vimercate, Ubbiate e Busnago. E poi Treviglio e Cusano Milanino. É la silicon valley del ciclismo italiano, un po’ Brianza un po’ no, comunque tutta in un fazzoletto di chilometri, terra di mobilieri e di «danè», terra di botteghe e di gente che lavora e che con le mani in mano non ci sa stare. Colnago, De Rosa, Bianchi, Passoni, Fausto Coppi, Fsa, Prologo tanto per fare qualche nome. Aziende che hanno fatto (e fanno) la storia delle bicicletta da corsa, che hanno firmato vittorie e che, nonostante la crisi, continuano ad andare veloci. «Perché siamo tutti qui?- racconta Claudio Marra, titolare di Fsa Europa, azienda leader della componentistica da gara per le due ruote – Perché qui ci sono tradizione, idee, voglia di fare e di investire…». Una volta c’erano solo Veneto e Piemonte. C’erano Legnano, Denver, Montana che avevano fatto di Cuneo la Cina italiana. Poi qualcosa è cambiato. «Da queste parti si sono incontrati i grandi nomi dei telaisti italiani a cominciare da qual Mario Rossin che costruiva bici in Veneto poi venne a Milano a fare il militare e si innamorò di una ragazza a Cavenago- racconta Marra mostrando una foto di in bianco e nero con bici e meccanici schierati- Rossin lavorò per Colnago poi riuscì a mettersi in proprio e gettò un po’ il seme di una grande scuola…». Ma è negli Anni ’80 che succede qualcosa che scuote il mercato delle bici da corsa: arrivano le prime mountainbike che, rispetto ai bolidi che usano i campioni dell due ruote, sembrano «bici da panettieri». Ma danno la scossa che serve a far decollare un mercato che arriva a produrre oltre 5 milioni e mezzo di bici in Italia: mai successo. «All’inizio non ci credeva quasi nessuno- racconta Marra- poi però in tanti dovettero ricredersi perché proprio da lì è partita una nuova stagione…». Non è durata, perché è arrivata la crisi e oggi i numeri sono tornati quelli di prima. Un milione e seicentomila bici prodotte fanno sì che a resistere siano quelle aziende che le bici le sanno fare, quelle che puntano su tecnologia e sviluppo e che gli alti e bassi dei mercati in qualche modo riescono a dribblarli. «In tanti negli anni passati hanno spostato le produzioni a Taiwan che, più della Cina, ha avuto capacita di seguire costi e mercati – spiega il presidente di Fsa – Noi invece abbiamo fatto un scelta controcorrente aprendo in Europa e in Italia. Una scelta che ci ha permesso in questi anni di avere un contatto più diretto con il mercato». Ruote, pedivelle, gruppi, cambi, manubri per bici da strada, da triathlon, per mountainbike e per fuoriserie da freeride. Marchi come Gravity, Metropolis, Vision che sono poi le ruote che ha usato Vincenzo Nibali ( ma non solo lui) nell’ultimo Tour de France sono il «cuore» della produzione dell’azienda della Fsa, azienda americana con sede a Seattle ma che qui a Busnago ha l’unica filiale Europea. «Sì, da qui parte la distribuzione in tutto il mondo- spiega Marra– ma qui curiamo anche tutta la progettazione e lo sviluppo dei prodotti anche grazie alla collaborazione del centro di studio e sviluppo dell’Università di Trento». Un lavoro continuo perché in una «crono» del Giro o del Tour si viaggia ad ottanta all’ora e i secondi spesso fanno la differenza. Così atleti e squadre sono diventati sempre più esigenti e la scelta dei materiali è fondamentale. «Una ricerca necessaria- conferma Marra- che nasce da una collaborazione continua con le squadre e con i corridori perché non sempre su un computer si riesce a capire quali siano poi le modifiche giuste da apportare a un manubrio o a un cambio. Il feedback che campioni e meccanici ci danno per i nostri studi è fondamentale anche perché lo stress a cui i prodotti sono sottoposti in gara è una prova fondamentale». E non ci si ferma, un po’ come in Formula Uno dove, a campionato in corso, già si studiano le modifiche alle auto per l’anno che verrà. «La prossima sfida è un nuovo cambio per le bici da corsa- annuncia il titolare della Fsa – Un cambio wireless senza fili che comunicherà dal manubrio alla ruota solo con sensori che trasmetteranno i comandi. Non più levette sotto i freni ma pulsanti che daranno l’impulso al deragliatore. Una rivoluzione che permetterà di togliere ancora di più il peso dei cavi alle biciclette in particolare per quelle da cronometro. Quando lo presenteremo? Se gli ultimi test che stiamo facendo ci daranno l’ok, già nella prima parte del prossimo anno».