Gli uomini d’acciaio? Tra mito e business
Ironman e Challenge. Due parole, due sigle, due mondi, due gare che poi sono la stessa cosa. Quando alle persone normali spieghi che c’è gente che nuota per quasi quattro chilometri, poi pedala per 180 e alla fine corre anche la maratona la risposta è quasi sempre la stessa: “sono matti…”. Però l’invidia c’è. Già, perchè alla fine, tolti i campioni e tolti quelli che vanno forte davvero c’è tanta gente normale che ci prova e ce la fa. Allenati è ovvio, perchè in gare così se non ci si allena almeno un po’ non si va da nessuna parte, però normali cioè gente che tiene famiglia e il lunedì va al lavoro. E allora gli aggettivi cambiano perchè, appurato il sano stato mentale, si comincia a parlare di eroi, superatleti, supererori e via cosi. C’è parecchia retorica, soprattutto sui social, va detto. Ma il triathlon, che per i puristi resta quello olimpico e cioè un chilometro e mezzo in acqua, 40 in bici e 10 di corsa, il suo fascino indiscusso ce l’ha. è innegabile. E sempre di più. Andare a vedere una gara significa entrare in una dimensione abbastanza sconosciuta per chi solitamante frequenta gli stadi del calcio, ma anche altri palcoscenici. Chiaro che i primi corrono per vincere, chiaro anche che chi sta in retrovia si farebbe tagliare una gamba per mettere il naso davanti all’amico o all’avversario di turno. Ma il clima che si respira dalle zone cambio al traguardo è differente. Forse la parola andrebbe usata per argomenti più seri, ma dire che tra i triatleti ci sia uno spirito di solidarietà che altrove non si trova è una verità. E così per questo, ma anche perchè il triatlon è uno sport spettacolare che spesso fa gare in posti spettacolari, perchè negli ultimi anni ha trovato campioni che lo stanno trainando e perchè molte società hanno lavorato bene a livello giovanile negli ultimi anni è cresciuto. Tanto cresciuto. Nel numero di gare, che forse sono diventate anche troppe, e nel numero dei tesserati. Un segnale importante che, rispetto ad altre federazioni, va in controtendenza e che vuol dire parecchie cose. Ma soprattutto una. E ciòè che il triathlon sta diventando un business. Non è un peccato, anzi. Se sono accorte molte aziende che stanno facendo importanti investimenti in marketing e se ne sono accorte le sigle dei due circuiti più importanti Ironman e Challenge, che organizzano megaeventi in tutto il mondo e hanno fatturati miliardari. Ironman, che fino a pochi mesi fa era della società americana WTC, è stata acquisita per 650 milioni di dollari dal colosso cinese Wanda . Così il gruppo cinese continua la sua marcia alla conquista dello sport che conta e con l’ingresso circuito degli uomini d’acciao allunga il suo già sostanzioso elenco di attività nel mondo dello sport. Tramite Infront, nel calcio è partner di federazioni internazionali (ad esempio la Fifa) e nazionali (in Germania e in Italia), di leghe (Lega Serie A) e di squadre (Milan, Inter, Werder Brema, Colonia). Negli sport invernali, Infront è il leader rappresentando tutte e sette le Federazioni dei Giochi Olimpici Invernali e negli sport estivi vanta un importante portafoglio di diritti, inclusa le federazioni internazionali di pallamano, pallavolo e ciclismo. Wanda punta a promuovere al meglio il circuito Ironman nei Paesi asiatici nei prossimi tre anni visto che solo in Cina in Cina ci sono dieci milioni di atleti e tre milioni di ciclisti quindi la potenziale partecipazione a un triathlon è enorme. ma non solo Asia. Che l’aria stia gia cambiando un po’ si vede anche in Italia dove,già nella prossima stagione, gli eventi firmati da Ironman si sono moltiplicati. Al 70.3 di Pescara a giugno si aggiunge infatti il 70.3 di Roma ad agosto e l’Ironman completo di Civitavecchia ad ottobre. Il circuito Challenge non sta a gardare e così conferma l’ormai collaudato Challenge di Rimini a maggio ma aggiunge un full distance a giugno a Venezia. Finisce qui? Per ora pare di sì ma è chiaro che la torta fa gola e i grandi gruppi si daranno battaglia. Ai nostri rischiano di restare le briciole. Ed è un peccato. Perchè, anche se spesso, qualcuno lo dimentica l’ironman, il full distance chiamatelo come volete da noi già c’è ed ha una tradizione non da poco. L’Elbaman forse non ha i lustrini dei grandi circuiti però è ben organizzato e si corre in un’isola magica. Sarebbe un peccato perderlo…