Doping in maratona? Il Kenia chiede scusa a Rosa
E’ la fine di un incubo. Dopo sei mesi Federico Rosa, manager dei più forti maratoneti keniani tra cui Stanley Biwott che due domeniche fa ha trionfato a New York, può finalmente tornare a sorridere. Non aveva dubbi, però questi sono stati mesi da dimenticare. La Federazione Keniana chiede scusa e ritira la sospensione di sei mesi arrivata dopo che aveva aperto un’inchiesta contro il doping e dopo che Rita Jeptoo era stata trovata positiva all’Epo. «L’ho saputo ascoltando un’intervista del Ceo Isaac Kamande. Poi è arrivata la lettera ufficiale. Non ho mai avuto spiegazioni, anche se non avevo dubbi sull’esito delle indagini», spiega Rosa a margine della conferenza al Bianchi cafè di via Cavallotti a Milano per i 25 anni di lavoro di Rosa&associati in Kenia dove a Kapsait, oltre al camp per la formazione degli atleti , ha anche costruito una scuola e un ospedale. «Sono convinto – aggiunge – sia stato un gioco politico. Il presidente della Federazione Isaiah Kiplagat voleva dimostrare di lottare contro il doping, ambendo alla carica di vicepresidente della Iaaf. Ma noi non centravamo nulla. E infatti è finita come doveva finire…». E Rita Jeptoo trovata positiva all’Epo? : «Non l’ho più vista- spiega Rosa- E non ho nemmeno più voglia di vederla. Mi ha raccontato un sacco di storie come quella che aveva fatto iniezioni di Epo perchè aveva avuto perdite di sangue. Che dal punto di vista medico è una follia. Ma lasciamo perdere, per noi è una storia chiusa…». Però il problema doping in Kenia resta. Resta perchè i controlli sono quelli che sono e perchè ancora manca un centro dove sia possibile analizzare il sangue nelle 48 ore. “Nell’atletica, nelle maratone e nel nuoto i controlli antidoping il giorno della gara non servono a nulla- spiega Rosa- Nessun atleta che vuole doparsi lo farà mai alla vigilia di un appuntamento, anche perchè non gli serve. Bisogna controllarli nei mesi precedenti quando ci sono i carichi di lavoro e questo non sempre avviene. E per questi ragazzi la tentazione è forte perchè ci sono medici compiacenti e perchè ci sono maratone con montepremi di 40, 50mila dollari come in Asia o in Cina dove i controlli sono davvero un’ipotesi…”. Ma nononstante questo il Kenia non è la Russia, non esiste un doping di Stato perchè la cultura è diversa ma soprattutto perchè i mezzi a disposizione sono diversi. «E’ facile in Kenia trovare qualcuno che ti proponga scorciatoie- spiega il professor Gabriele Rosa fondatore della Rosa&Associati, il tecnico che ha scoperto i più grandi talenti keniani di atletica,- ma è assurdo parlare di doping di stato come in Russia. Chi dice una cosa così non è masi stato in kenia e non sa di cosa parla. Il Kenia non procura sostanze dopanti in compenso è facile avvicinare i giovani proponendo loro una scorciatoia. Non esiste un controllo capillare nè una struttura antidoping in Kenia, anche se la Wada è intenzionata a risolvere la situazione. Mancano risorse economiche. Spero che con il cambio di gestione della IAAF le cose possano migliorare”. Ma il momento è di quelli pesanti. Il caso del doping che sta venendo a galla in Russia preoccupa per due aspetti: la gestione centrale e la copertura politica. E anche se il presidente Vladimir Putin grida al complotto sarà compito del neo presidente IAAF Sebastian Coe cercare di far luce su un movimento che, dopo 15 anni di malagestione, ora rischia di incartarsi. «È un momento drammatico per il nostro sport- ammette Federico Rosa– Credo però che Coe sia un presidente capace, integro ed onesto, in grado di cambiare e di dare la svolta che serve».