Doping, Russia sotto tiro
«Ammettiamo alcune cose, parliamo di altre, mentre alcune sono già state fissate…» spiega il presidente della federazione russa Vadim Zelichenok. Lo stile è quello che serve quando si vuole confessare una verità ma a denti stretti. Lo stile è quello di chi si deve difendere ma non starà a guardare. Lo stile è quello di chi si sente sotto tiro. La Federatletica russa è pronta ad ammettere alcune delle accuse mosse nei suoi confronti dalla Wada, l’Agenzia mondiale antidoping. E in un certo senso si può dire sia quasi un patteggiamento. Il fine è infatti quello di evitare una squalifica che impedirebbe la partecipazione alle competizioni internazionali, soprattutto ai Giochi olimpici di Rio 2016. Il ministro dello Sport, Vitaly Mutko, dice che la Russia non boicotterà le Olimpiadi del prossimo anno, anche se le verrà applicata la sospensione. «La Russia è contro il boicottaggio. La Russia è contro l’ingerenza politica nello sport». La sospensione quindi è attesa anche non ci si aspetta un pugno durissimo. «Anche se saremo sospesi – ha spiegato infatti Zelicenok – non penso che sarà fatto in modo severo. Ci potrebbero dare qualche tempo per correggere gli errori. In ogni caso abbiamo il diritto a fare appello contro qualsiasi decisione venga presa, anche se dovesse accadere la cosa peggiore e fossimo squalificati per un anno e banditi dalla partecipazione ai Giochi olimpici. Naturalmente, noi non ci arrenderemo, è ovvio». Sembra tutto un po’ sospeso in attesa di vedere cosa succederà, di vedere dove porterà un’inchiesta che l’Interpol annuncia mondiale ma che per ora, un po’ stranamente va detto, ha messo in piazza solo le colpe sovietiche secretando tutti gli atti che riguardano altri Paesi e altri campioni a cominciare dalla Francia. Per molti è l’inizio della nuova guerra fredda tra Washington e Mosca divise su tanti argomenti a cominciare dall’opposizione all’Isis dove Putin sta guadagnando campo e reputazione mentre Obama arranca. Fantapolitica? Forse, però se ne parla. E parecchio. Il resto va un po’ a rimorchio. A cominciare dall’indagine ordinata dal presidente del Cremlino per far chiarezza su quanto è accaduto in questi anni: “Chiedo al ministro dello Sport e a tutti i colleghi legati in un modo o in un altro con lo sport di prestare a questo problema la massima attenzione- ha dichiarato Putin nel corso di una riunione con i vertici dello sport russo a Sochi- È essenziale condurre la nostra indagine interna e fornire la massima, e ci tengo a sottolinearlo, la massima cooperazione con le strutture internazionali dell’antidoping. La battaglia deve essere aperta e qualcuno dovrà assumersi le responsabilità di quanto accaduto. Ma non ha sbagliato solo la Russia”. Non finisce qui insomma. E così mentre da una parte il Cremlino è pronto ad ammetttere qualcosa e a cambiar pagina nella certificazione dei suoi servizi anti doping affidando il laboratorio analisi di Mosca a Marina Dikunet e facendo saltare già la prima testa con le dimisssioni Grigory Rodchenkov, accusato dalla Wada di essere al centro di un sistema generalizzato di doping, dall’altro affila le armi e si prepara a giocarsi le sue carte. La banca russa Vtb tanto per cominciare non rinnoverà l’accordo di sponsorizzazione con la federazione internazionale di
atletica leggera (Iaaf) alla fine dell’anno, anche se spiega che
questa decisione non ha niente a che vedere con le recenti accuse di doping contro la Russia e una possibile sospensione della sua squadra russa di atletica. «Non cancelliamo niente, il contratto è scaduto dopo cinque anni e abbiamo raggiunto i nostri obbiettivi. Non si è mai parlato di un rinnovo», ha spiegato Vasili Titov, direttore generale di Vtb, all’agenzia R-Sport. Tutto ciò alla vigilia dell’attesa pronuncia della Iaaf sull’eventuale messa al bando degli atleti russi dalle Olimpiadi di Rio. Che scommettiamo non arriverà?