Un clochard oltre la maratona
C’è chi vive ai margini e con la corsa prova a rientrare in gruppo. Chi ha perso quasi tutto e con la maratona prova a ritrovare qualcosa in cui credere. C’è chi aveva un sogno e con la corsa lo realizza anche quando non sembra una priorità, anche quando le cose di cui avrebbe bisogno potrebbero sembrare altre. Potrebbero… Perchè chi decide poi quali sono le priorità? Stefano, 51enne romano è un clochard. Un’esistenza complicata la sua, perchè non sempre la vita va come dovrebbe o come si vorrebbe. Ci sono strade che senza una spiegazione e senza una logica ti portano verso destinazioni che non ti aspetti e spesso non sono paradisi da cui spedire cartoline. Ma Stefano non molla, forse si adegua. Però i sogni restano in qualche cassetto, in qualche angolo della nostra mente o della nostra anima. Così cinque anni fa quando incontra “Purosangue”, un gruppo sportivo con cui ritrovarsi e che gli dà una mano, più di una mano, Stefano torna a cullarlo quel sogno. Che non è una casa, non è un tetto o ciò che alla gente “normale” può sembrare “normale”. E logico. Stefano sogna di correre, il suo progetto è finire una maratona ma fa fatica a tirare la giornata, figurarsi allenarsi e preparare una corsa di 42 chilometri. Un’adolescenza vissuta nelle difficili periferie romane, vive in strada da quando aveva 23 anni in equilibrio precario poi a 40 anni scopre che la corsa lo aiuta a star meglio, lo distoglie, dà un senso alle sue giornate. E vorrebbe provarci. Ma non è facile. Anzi forse impossibile . Ed è un allenatore del gruppo “Purosangue” a spronarlo. Si parlano, si capiscono, decidono che si può fare. O quantomeno ci si può provare. E ben presto l’allenamento diventa un suo compagno quotidiano. Un’ora al giorno. Prima ogni tanto, poi spesso, poi sempre. P0i le ore diventano, due tre, si sommano chilometri a chilometri e il sogno di una maratona prende corpo, diventa un qualcosa che si può toccare. Il sogno diventa un punto d’arrivo e il punto da cui ripartire. Da allora Stefano di maratone ne ha corse 25, l’ultima domenica scorsa a Pisa quando è stato un dei 3300 atleti al via. Ma la sua fatica pisana non è stata fine a se stessa, non è servita solo a farlo star meglio a dargli una ragione per andare avanti ma servirà anche a coinvolgere i senza fissa dimora di Pisa, i volontari di quartiere di Progetto Homeless e il centro d’accoglienza per i senzatetto . Domenica , quando Stefano è passato davanti al dormitorio pubblico ha ricevuto in dono la pettorina dei volontari di quartiere, segno distintivo del gruppo in ogni iniziativa realizzata sul territorio. «Stefano – ha spiegato l’assessore comunale al Sociale e presidente della Società della Salute Zona Pisana, Sandra Capuzzi – sarà un testimonial della valenza che lo sport può assumere come motore di integrazione per persone che si trovano in situazioni di marginalità. Anche per questo sono convinta che dovremo cercare di realizzare in città progetti che favoriscano l’attività motoria dei senza fissa dimora». Ed anche per questo che domenica a Pisa il pettorale 990 racconta una storia che non è solo quella di un maratoneta.