Correre e cancellare
“Ma scusa? Se non hai voglia non correre…”. Incroci lo sguardo di un collega che ti incontra in una via del centro e al volo ti invita a pranzo e la domanda è, come si dice in questi casi, “pertinente”. Ci sono giorni in cui quell’oretta di corsa sembra proprio non starci. Non c’è verso. C’è una strana legge sulla complicazione progressiva delle giornate. Si capisce subito che non girano. O meglio, girano in un’ altra direzione perchè la famiglia è la famiglia, il lavoro è il lavoro, le cose da fare sono le cose da fare. E la voglia è la voglia, che qualche volta è quella che è. Ma è proprio quello il momento di non arretrare. Di trovare lo spazio, lo spiraglio per infilarci quell’oretta di corsa che può sembrare inutile per chi aveva deciso di fare un allenamento e invece si ritrova a corricchiare. E invece serve. Anche a tornare un po’ indietro con la memoria. Ora non si usa più o molto meno, ma una volta a scuola la lavagna si girava, una parte era liscia una a quadretti e in basso a destra c’era una vaschetta per gessi e cancellino. La maestra scriveva, poi cancellava e si cominciava da capo. Quando poi era troppo sporca arrivava la bidella con la spugna. Ecco, la corsa è un po’ così. Cosa si pensa quando si corre ? All’inizio nella mente ti passano un sacco di pensieri. Fotogrammi veloci di cose da fare, preoccupazioni, programmi, piccoli bilanci quotidiani. Si rincorrono, si intrecciano ma durano lo spazio di un amen. Dopo pochi minuti svaniscono. Lasciano posto al nulla, a una magnifica sensazione di vuoto che ovunque uno si trovi, in campagna, in un parco, in una strada o su uno sterrato ti trasporta in una magnifica dimensione sospesa. E più si va avanti più la testa si libera dalle tossine e si concentra sui rumori della fatica. Ed è per questo che tornano in mente la scuola, la maestra, il gesso e la lavagna. Ogni tanto c’è proprio il bisogno di cancellare…