Il dramma della Sicari: “Aiutatemi…”
Il traguardo adesso sembra lontano. Lontanissimo. Ma Vincenza Sicari, 37 anni lodigiana, maratoneta azzurra di primissimo piano, caparbia e veloce con cinque vittorie in carriera tra cui Torino e Firenze e ventinovesima nella maratona olimpica di Pechino, non ha nessuna intenzione di mollare. Questa volta non ci sono podi o medaglie da conquistare, c’è la vita in ballo. Ascolti la sua voce nell’intervista rilasciata a Giovanni Certomà su Track and Field Channel e capisci che soffre, che è quasi allo stremo. Ma capisci anche che non ha nessuna voglia di darla vinta a una malattia che in realtà ancora non ha ancora capito bene cos’è. E’ quasi tre anni che va così. E’ dal 2013 che soffre di una forma di degenerazione neuromuscolare non del tutto diagnosticata. “E’ cominciato tutto con una inspiegabile debolezza, con delle febbriciattole continue e poi con una polmonite- racconta – e nessuno riusciva a capire bene cosa avessi. Poi dopo una serie di accertamenti mi è stato diagnosticato un tumore al timo e sono stata operata sperando che la situazione si risolvesse. Ma non è andata così. Perchè poi la mia condizione ha continuato lentamente a peggiorare>. Del male di Vincenza ancora oggi si sa poco, nonostante una biopsia che le ha diagnosticato una malattia degenerativa neuromuscolare e nonostante le visite presso il dipartimento di neuroscienze e salute mentale della fondazione Ca Granda dell’ Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Non c’è ancora una diagnosi sicura. L’azzurra è costretta a letto, non cammina quasi più e pesa meno di 40 chili e, dopo un peregrinare tra vari ospedali italiani , è arrivata prima di Natale a Milano dove il suo caso è stato preso a cuore dal professor Claudio Mariani, neurologo dell’Ospedale Sacco e dalla professoressa Perrone esperta di sclerosi multipla a Legnano. Poi si è trasferita a Roma: <Ma la mia è una malattia a cui non si riesce ancora a dare un nome e cognome- racconta- perchè servirebbero l’intervento di specialisti neuromuscolari e ricerche più approfondite. Invece mi sono sentita rispondere qui al Policlinico Gemelli dove sono ora che io per la sanità sono un costo troppo elevato, che non si può ricominciare a riesaminare il mio caso dall’inizio. Sono arrivata subito dopo Natale e ogni giorno che passa per me è un giorno in meno. Sto morendo …”. Così ora cercherà una risposta a Pisa, nell’ospedale dove un’equipè di neurologi disposti a collaborare con i colleghi milanesi proverà a capire come farla uscire da questo tunnel. Dove non c’è luce, dove qualcuno l’ha lasciata sola. Accusa l’atletica di averla dimenticata. Racconta che l’unica personalità dello sport che ha cercato in questi mesi di aiutarla è stato il presidente del Coni Giovanni Malagò: <Che mi ha chiamato e si è mosso e si sta muovendo per cercare di smuovere qualcosa qui al Gemelli. Ma è ovvio che più di tanto non può…>. Ma le forze stanno venendo meno. Giorno dopo giorno sente che si affievoliscono: “Come passo la mia giornate?- confessa a Track and Field– Le passo a piangere, sono disperata. E spero che qualcuno mi aiuti…”
16:09