Correre con la “scighera”
Dedicato a chi milanese non è. Me compreso. Dedicato a tutti quelli che vivono in Costiera, sulla cima degli Appennini, sulle Dolomiti, su qualche isola dove c’è il sole tutto l’anno o in Riviera. Dedicato a chi si alza e spalanca la finestra su un cielo azzurro, a chi anche d’inverno può uscire in bici senza vestirsi come un palombaro, a chi a dicembre, gennaio e febbraio è sempre primavera. Dedicato a tutti quelli che la domenica mattina corrono senza far scrocchiare il ghiaccio sotto le scarpe, che non sanno cosa sia una maglia termica . Dedicato a tutti quelli che il cielo grigio, lo smog, il traffico e la nebbia… solo in Pianura Padana. E dedicato a chi la “scighera” non l’ha mai neanche sentita nominare. E che però qualcosa si perdono. Si perchè quella nebbia densa e ghiacciata, quel vapore che con il freddo si condensa e diventa un immenso aerosol polare che ti trapassa i polmoni, ti toglie il fiato e ti fa gocciolare gli occhi e il naso un suo fascino ce l’ha. Quando c’è la scighera è come correre in una fiaba. Cambiano i luoghi, cambia la percezione del tempo, la fatica diventa ancora più intima. Senti il rumore del tuo respiro e lo vedi anche, perchè si condensa così come il tuo sudore che si ghiaccia sul cappellino, sui guanti e anche sulle spalle. Corri nelle campagne del parco Sud e sembra di essere nella Tundra, corri nelle stradine di campagna e prima di vedere chi ti viene incontro ne senti solo il rumore dei passi. Poi ti ritrovi sul Naviglio che da Abbiategrasso porta a Milano e la ciclabile è un via vai di fantasmi affannati che si intravedono, si sfiorano, si salutano con un cenno e poi spariscono. Svaniscono nella scighera che per noi “terroni” forse è solo nebbia. Ma invece è qualcosa di più. Molto di più, quasi una magia.