Maratona di Boston, storia infinita
Trionfo etiope alla maratona di Boston che si è disputata oggi. Tra gli uomini vince il 21enne Lemi Berhanu Hayle con il tempo di 2h12’45” davanti al connazionale Lelisa Desisa, campione uscente, staccato di 47”. Il podio tutto etiope è stato completato da Yemane Adhane Tsegay, giunto a 1’17”. L’Etiopia domina anche la gara femminile con Atsede Baysa in 2h29’19” davanti alla connazionale Tirfi Tsegaye. Terza la keniana Joyce Chepkirui. Al via oltre 30mila atleti . Fin qui la cronaca. Ma è chiaro che per Boston la cronaca non basta. Boston è la vera maratona americana, quella che conta. Più di New York, considerata commerciale, da “parvenu” della fatica, da turisti. Boston è Boston da sempre, da 120 anni sempre il 19 aprile, sempre il terzo lunedì’ del mese durante il Patriot’s day la festa che in Massachusetts celebra l’inizio della rivoluzione. Boston che si è sempre corsa, senza mai un’interruzione neanche durante guerre e terremoti. Boston è il fiore all’occhiello degli americani, il punto d’orgoglio, la loro storia sportiva, il simbolo che conservano. Boston è la maratona più dura del mondo con quella sua collina spaccacuore a dieci chilometri dall’arrivo. Boston per noi è la vittoria di Gelindo Bordin, il 16 aprile del 1990, dopo l’oro ai Giochi del 1988, che da queste parti scrisse un pezzo di storia che non cancellerà più nessuno: primo in 2:08’19” e primo campione olimpico a vincere anche a Boston. Mai più successo. Boston è una ferita riaperta tre anni fa dopo le torri gemelle anche se poi si è capito che non era la stessa cosa e comunque è meglio non correre rischi: e così oggi sul percorso c’erano oltre cinquemila agenti in divisa e chissà quanti altri in borghese. Boston è Roberta Gibb anche oggi al traguardo lei che nel 1966 la corse in 3 ore e 21 minuti ma senza nessun tipo di certificazione . Si dice sia stata la prima donna della storia ma forse no. Perchè per trovare la prima traccia di una donna in una maratona bisogna ricordare Kathrine Switzer che cambia la storia che allora vietava alle donne di correre le lunghe gare perchè si temeva fossero dannose per la loro fertilità. E’ lei la prima correre una maratona ufficiale anche se vestita da uomo. Ma un paio di chilometri dal traguardo un fotografo si accorge dell’inganno. E la soprende. E Jock Semple, che oltre ad essere un uomo dal carattere esuberante e rissoso è da sempre l’organizzatore della maratona di Boston, quando si accorge di ciò che sta succedendo salta giù dal pulmann della stampa e cerca di fermarla. La afferra e cerca strapparle il pettorale ma l’allenatore e il fidanzato che stanno correndo con lei permettono a Kathrine di sfuggire e di riprendere a correre mischiandosi nel gruppo verso il traguardo. Finisce in 4 ore e 20 minuti e la storia di quella prima donna maratoneta fa il giro del mondo. Katherine Switzer diventa a tutti gli effetti la prima donna ad aver partecipato ad una maratona, la prima ad avere sfidato e battuto le convenzioni e un divieto assurdo e senza senso. Partecipa altre otto volte alla Boston Marathon e nel 1974 vince con un tempo di 2:51. Ora è una affermata giornalista giornalista sportiva americana, scrittrice e commentatrice televisiva. La sua maratona è diventata quella di milioni di donne che da allora si iscrivono alle 42 chilometri nel mondo, le corrono e ci battono. E ovviamente tutto è cominciato a Boston…