Cuore e sport, un supercentro al Monzino
Negli ultimi mesi purtroppo è stata l’attualità a portare sulle pagine dei giornali la morte di alcuni atleti durante maratone e mezze maratone. Problemi cardiaci più o meno noti, più o meno diagnosticati, che sono un numero da zero virgola in statistica ma che però destano emozione fortissima e anche preoccupazione. Ora per atleti, aspiranti maratoneti, triatleti ma anche viaggiatori amanti delle alte vette, c’è una struttura ad hoc, con tecnologie d’avanguardia per capire di più su come si comporta il cuore di uno sportivo: il Monzino Sport. Il nuovo centro avanzato di cardiologia riunisce le competenze e le tecnologie innovative già presenti nell’ospedale, e punta a diventare un nuovo polo di riferimento nazionale per gli sportivi professionisti e per tutti coloro che intraprendono o svolgono attività sportiva a livello amatoriale. Il Centro Avanzato di Cardiologia dello Sport sarà punto di riferimento per atleti professionisti che hanno riscontrato problemi cardiologici o per il semplice cittadino che vuole sapere se il suo cuore gli consente una lunga permanenza in alta montagna piuttosto che la partecipazione alla maratona di New York. Lo ha annunciato Cesare Fiorentini, Direttore Sviluppo Area Clinica del Monzino. «Finora – ha detto – le nostre competenze e le tecnologie d’avanguardia presenti nell’Ospedale, ci hanno permesso di occuparci di casi singoli, inseriti nella nostra organizzazione generale, ad esempio approfondendo la diagnosi per tanti giovani desiderosi di fare sport a livello agonistico ma scartati alla visita presso il Centro di Medicina dello sport, o riguardo all’atleta professionista che ha avuto improvvisamente problemi che lo hanno costretto a fermarsi. Ma ora abbiamo deciso di cambiare marcia, creando una struttura organizzata, con un’offerta di servizi strutturata». Responsabile del centro è Claudio Tondo, attuale capo dell’ Aritmologia del Monzino, reparto che dal 2010 a oggi ha studiato qualcosa come 250 sportivi, in maggioranza atleti agonisti con problemi del ritmo (il 44% con aritmie ventricolari), che sono stati sottoposti ad esami approfonditi, come la ’biopsia con mappaggiò. In particolare, Tondo è stato il primo a elaborare questa tecnica che consente, attraverso una mappatura delle due camere ventricolari, di fare una biopsia di precisione nei punti più vicini alla zona malata. Il Monzino Sport nasce per seguire in modo iper-specializzato chi ha già avuto episodi di aritmia o arresto cardiaco, ma non solo: «La vera sfida è tutta spostata su come prevenire questi episodi- spiega Tondo- intercettando i casi a rischio e riconoscendoli in tempo per intervenire». Il Responsabile del Centro sarà affiancato da Stefania Riva e da Antonio Dello Russo. Accanto a loro molti medici del Centro cardiologico del Monzino, tutti massimi esperti nei rispettivi settori, quali PierGiuseppe Agostoni, coordinatore dell’Area Cardiologia Critica, Mauro Pepi, a capo dell’Area Imaging, Antonio Bartorelli, direttore della Cardiologia Interventistica, Alessandro Lualdi, emodinamista, Gianluca Pontone e Daniele Andreini, radiologi. «In Lombardia, ma anche in tutto il nord – spiega Fiorentini- – questo spicchio di attività non era perfettamente coperto. Così dopo qualche riflessione abbiamo deciso di creare questo Centro avanzato, incoraggiati anche da alcuni colleghi con i quali continuerà una stretta collaborazione, in modo organico, come con il Professor Paolo Zeppilli, direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e con il Policlinico Universitario Gemelli». Dal Monzino di atleti ne sono passati tanti, viene subito alla mente Alessandro Pagani, il giocatore di basket colpito da arresto cardiaco in campo, e che in questa struttura è stato rimesso in piedi. I numeri li ricorda il professor Tondo: «una delle ragioni che ci ha spinto a pensare al Centro è che in questi anni, dal 2010 al 2015, abbiamo visto circa 230 atleti con età media 31 anni, di cui il 32% pratica calcio agonistico, il 16% ciclismo, e il 12% atletica. Quasi tutti erano qui per problemi di ritmo che è un elemento importante perchè la morte improvvisa nei campi sportivi, che non è un fatto isolato, è la morte aritmica. Nel 78% dei casi questi giovani avevano un cuore sano e sono ritornati a praticare lo sport a livello agonistico, mentre nel 22% dei casi è stata riscontrata una patologia tale da non renderli idonei alla pratica dell’attività sportiva agonistica». La sfida non è creare terrorismo in chi fa sport ma al contrario creare fiducia. Per questo però è necessario sottoporsi a esami di base, come l’elettrocardiogramma, e quando i medici lo ritengono, a controlli diagnostici più specifici, come la risonanza magnetica nucleare, fino alla «biopsia guidata dal mappaggio del tessuto cardiaco, una tecnica utilizzata per la prima volta, proprio dal professor Tondo. Il Monzino Sport sarà organizzato con un ambulatorio SSN per gli sportivi che non sono stati resi idonei alla vista medico sportiva per attività agonistica, e che seguiranno successivi percorsi diagnostici strumentali (Ecocardiogramma, test da sforzo, ECg Holter, TAC cuore, Risonanza Magnetica Nucleare cardiaca) privilegiati. Mentre per le persone sane che vogliono praticare l’attività sportiva in tranquillità, si accede privatamente, e ci sono dei «pacchetti» che, come ha spiegato la dottoressa Stefania Riva, consentono di fare tutta una serie di esami nella stessa giornata o mattinata: dalla visita specialistica all’elettrocardiogramma, dall’ecocardiogramma che permette di evidenziare anomalie nelle coronarie, fino al test di sforzo massimale, e cardio polmonare. Tra i vari «pacchetti», assolutamente innovativo è il «pacchetto Quota» dedicato agli amanti della montagna. «L’alta quota – spiega il Professor Agostoni – è sì un ambiente meraviglioso, ma anche ostile per ragioni climatiche e perchè all’aumentare dell’altitudine si riduce l’ossigeno dell’aria che respiriamo, con conseguente aumento del lavoro cardiaco, respiratorio, e della pressione arteriosa. Basta pensare che la quantità di ossigeno che abbiamo a disposizione a 4 mila metri è la metà di quella che abbiamo a Milano. Bisogna pertanto cercare di anticipare gli effetti della riduzione di ossigeno sul sistema cardiovascolare e, se opportuno, modulare i tempi di ascesa ed eventuali terapie che si stanno assumendo». Ecco perchè prima di organizzare un viaggio sulle cime del Nepal o di qualsivoglia altra vetta, «bisogna sottoporsi a una valutazione». Ed è bene sapere che «l’edema polmonare in alta quota è un evento frequente, che rappresenta una percentuale importante. Dunque ci sono delle regole da seguire, che devono essere personalizzate a seconda della salute della persona e del suo allenamento».