Sirmione, gente da triathlon
C’è chi passeggia davanti ai ristoranti per leggere i prezzi dei menu, chi in accappatoio esce dall’ingresso dell’hotel per andare nella piscina delle terme e chi, comodamente sdraiato sulla spiaggia, si gode il lago. Giusto così. Nel mondo che è abituato a considerare il sabato e la domenica giorni di riposo funziona cosi. Ma c’è chi ama complicarsi la vita. Tantissimi a giudicare dalla zona cambio della quinta edizione del Garmin Trio che dal porto va verso il lago e non finisce più. E allora mentre c’è un modo che dopo il caffè sta pensando all’ammazzacaffè c’è chi si tuffa dalla Spiaggia del Prete, tra le mura del Castello Scaligero, per passare poi sotto il ponte levatoio, e poi nella darsena davanti al piazzale del porto fino al lungolago Armando Diaz. Sirmione è tante cose insieme. Anche un triathlon che qui sembra impossibile perchè in questa lingua di terra già affollatissima di suo si sta stretti. E con la baraonda di un triathlon chi organizza deve davvero fare i salti mortali per farci star dentro tutto. Pero si può fare. E si comincia con almeno settanta gradi che fanno ribollire il ciotolato che dal porto va alla partenza. Sembra un’enorme piastra pronta per la griglia, quasi una via crucis per chi a piedi nudi va verso il via. E salta, corre, si ustiona e si ferma negli angoli cercando uno spicchio di ombra a fianco di chi con le scarpe cammina, suda, ma non può capire. Il nuoto è uno spettacolo perchè sbracciare tra mura fortificate e ponti levatoi non capita tutti i giorni. La bici anche. Si va nell’entroterra con il Garda che chi si allontana e poi torna in un vivace su è giù che fa sembrare i 40 chilometri più veloci di quello che sono ma in realtà anche più duri. E’ il caldo che fa la differenza. E’ il caldo che ti fa sperare in un rabbocco di acqua fresca perchè quella che hai sulla tua bici è pronta per cuocere un piatto di penne. E l’acqua fresca arriva. Ma dal cielo, tantissima e all’improvviso. La corsa è sotto un fortunale che colora il cielo di nero, fa increspare il Garda e mette in fuga in cerca di riparo dove capita un mondo che era qui in gita. Acqua e vento. Acqua e vento che un po’ fanno venire i brividi a Massimilano Rovatti che qualche ora prima sperava in un rinfrescata ma forse così è troppo. Che portano Andrea Rosa a sfidare il diluvio nel mezzo di un incrocio per fermare le auto che incrociano gli atleti. Che costringono gli organizzatori a richiudere i gazebo che rischiano di volar via. Che mandano a mollo le zone cambio, che spazzano via i birilli sul percorso, che bagnano le penne nere degli alpini agli incroci che però continuano a fare ciò che devono fare senza batter ciglio. Razza Piave. Acqua e freddo che trasformano in pochi minuti un popolo in costume in un popolo arrotolato nei kway, nelle cerate, in ciò che capita. Acqua e sudore che fanno bruciare gli occhi. Così si corre e ci si incrocia mentre Sirmione scruta il cielo i attesa che tutto finisca. Mentre la voce di Silvia Riccò, lo speaker perfetto che ogni gara sogna di avere, tiene alto il morale di una truppa inzuppata e anche un po infreddolita. E mentre le navette riportano chi ha finito a recuperare le bici nelle zone cambio Sirmione torna alla normalità. Senza fretta. C’è chi recupera muta e occhialini, chi smonta le transenne e chi raccoglie i teli azzurri all’uscita del nuoto, chi torna verso l’albergo sognando una doccia e una cena che si è guadagnato. Il triathlon è finito e se ne riparla il prossimo anno. Ma oggi continua perchè ci si torna a tuffare nel TriO’Clock, la gara di nuoto in acque libere. Niente bici, niente corsa, niente temporale…Si spera. Sarà tutta un’altra storia. Forse…