Ciclisti, stessa faccia stessa razza…
In Mediterraneo, il film di Gabriele Salvatores che vinse anche un Oscar, il barcaiolo greco stordì con un paio di “canne” gli smandrappati militari italiani che sfuggivano alla guerra su un’isoletta dimenticata e poi li depredò. ” Stessa faccia stessa razza…”, appunto. E questo modo di dire calza a pennello anche per pescatori, cacciatori e ciclisti. Tutti uguali. Basta ascoltarne i racconti. Lepri e fagiani da decine di chili, trote e salmoni che sembrano balene e ancora mirabolanti catture di cinghiali o di tonni in mezzo al mare. E i ciclisti non sono da meno. Scalano le salite più dure, tengono medie da professionisti, staccano amici e avversari, pedalano e raccontano. E a volte esagerano. Ma spesso mentono. “Sono mesi che non esco in bici, mesi che non pedalo, mesi che non faccio più di 30 chilometri… “Balle. Chi va in bici s’allena appena può. Si allena e non lo dice. Si allena e ti aspetta al varco per tirarti il collo. E alzi la mano chi non l’ha mai fatto. Così la parola d’ordine è diffidare. Diffidare sempre. Anche quando su una strada della Val Seriana incontri un tipo a cui non daresti due lire che ti affianca e attacca bottone. Gli chiedi se conosce la salita e se la fa spesso e la risposta è quella che ti aspetti: “Sì la conosco- ti spiega- ma quest’anno è la prima volta che la faccio. Figurati, avrò nelle gambe trecento chilometri…”. Poi la strada s’impenna, lui scala un paio di denti e con un ghigno se ne va…