Ghisallo, 10 anni e non sentirli
Il Ghisallo a Magreglio è la salita di tutti quelli che pedalano. Perchè in cima c’è una chiesetta dedicata alla Madonna che protegge i ciclisti. Tanti anni fa, Fiorenzo Magni, il «leone delle Fiandre» che sui muri del Belgio vinse tre volte di fila tra il 1949 e il 51, ebbe a dire con il suo allenatore quando alla vigilia di un Lombardia volle andarci a tutti costi per rendere omaggio al santuario. Era devoto il toscanaccio di Vaiano pratese poi diventato brianzolo. Devoto e testardo. Tant’è che, dopo che smise di pedalare, con la stessa caparbietà con cui aveva faticato e vinto spese il resto dei suo giorni nell’idea di un museo del ciclismo da realizzare proprio di fianco alla chiesetta, in cima a quella salita che aveva scalato tante volte. Un sogno, un’ossessione ma soprattutto una sfida. Un po come fare i conti con Bartali e Coppi, lui «terzo uomo» ma capace di vincere tre Giri d’Italia. Dieci anni fa, il 14 ottobre del 2006, il Museo del Ghisallo aprì al pubblico. Fine ed inizio di una storia che racconta un’altra storia: «Non solo quella dei campioni- come ripeteva sempre Magni- ma quella di tutti i ciclisti, di tutti gli innamorati della bicicletta». Il «Leone» riuscì nel miracolo di mettere d’accordo tutti: Comuni, Enti, La Gazzetta dello sport, gli sponsor e la Regione che, con l’allora governatore Roberto Formigoni, decise di finanziare parte di un’opera che sembrava una chimera. Ma è come quando si pedala in salita, se uno ci crede alla fine arriva. E Magni arrivò. Dopo la sua morte però il Museo del Ghisallo faticò non poco a sopravvivere. Spese di gestione altissime, una situazione economica incerta, pochi visitatori tant’è che alla fine chiuse. Ma poi riaprì, grazie anche al lavoro della direttrice Carola Gentilini e di Antonio Molteni, presidente della Fondazione del Museo del Ghisallo: «Dieci anni e non sentirli, ma il pensiero corre a 25 anni fa- racconta- A quella prima volta quando incontrai Fiorenzo Magni, uomo, campione, imprenditore. Mi accinsi a stringergli onorato la mano, lui la ritrasse e guardandomi negli occhi mi disse: Scusa ma tu non sei un corridore? Ho corso sì, ma ero scarso. Gli risposi io. Cosa c’entra il profitto. Se sei un corridore fra corridori ci si da del tu…». Dieci anni e non sentirli perchè quest’anno il Museo ha timbrato più di decimila biglietti e per la metà ad appassionati stranieri, ha coinvolto i giovani, le scuole. Ha organizzato un quindicina di eventi tra cui la Biennale d’Arte Sportiva del Ghisallo, la Ciclostorica del Ghisallo e la mostra temporanea per i 110 anni del Giro di Lombardia. Ed altro verrà. Dieci anni e non sentirli ma da festeggiare con una cena di gala che domani sera vedrà tavole apparecchiate tra maglie e trofei e con un libro ( «Benedette biciclette» edizioni Bolis) che è il catalogo raccontato della storia di questo pezzo di ciclismo. «Questo è un museo che guarda avanti- spiega la sua direttrice- Ce lo ha insegnato Fiorenzo, non retrocedere mai neanche nei momenti in cui, cautela e prudenza consiglierebbero una ritirata onorevole…»