La maratona di Trump e Illary
Non finisce mai la maratona a New York. E così 48 ore dopo la New York City marathon che però è ancora tutta nella vetrine dei negozi, sulle pubblicità dei taxi e dei bus e nelle gambe di chi ha corso comincia l’altra sfida americana, altro tifo, altra passione. Trump o Illary? Se lo chiedono un po’ tutti nel mondo ma gli americani ovviamente di più. E se qualche mese fa sembrava non avessero alcun dubbio ora invece la partita è piu che mai aperta . Molti hanno già deciso e anche già votato, perchè qui buona parte del voto si fa per corrispondenza. Una, due, anche tre volte perchè fino a poche settimane dalla chiusura delle urne è concesso cambiare idea e riprovarci. E molti pare l’abbiano cambiato il pensiero. E’ stata una campagna elettorale disastrosa. E gli Stati Uniti fanno un passo indietro scriveva ieri Il “New York Times”. Se i due candidati avevano come obbiettivo quello di riportare i giovani che non credono più nella democrazia a far politica non avrebbero potuto far di peggio. E nella recente storia degli Stati Uniti, nella corsa alla Casa Bianca non era mai stato toccato un livello così basso, non si erano mai usate tante insinuazioni, calunnie e bugie. Ma tant’è. Gli americani non si sono innamorati di Illary perchè è un passato che non vogliono ricordare e non si sono innamorati di Trump, troppo ricco, troppo di destra, troppo di tutto. “Sono dieci anni che vivo a New York- racconta una signora italiana che vive e vota qui- E se vince Trump per gli Stati Uniti sarà una sciagura senza precedenti. Sono qui sulla quinta a manifestare davanti alla sua Torre proprio perchè voglio continuare a vivere in questo Paese come ho fatto fino ad oggi…”. New York è una cittadella democratica da sempre, non ama il miliardario accusato di non pagare le tasse e che si vantava con un amico che un uomo della sua posizione e ricchezza poteva possedere qualsiasi donna semplicemente saltandole addosso. Ma il gli Stati Uniti non sono solo New York. Anzi. C’è un popolo, il nocciolo duro dell’elettorato di Trump in rivolta contro la perdita di posti di lavoro e il peggioramento del loro tenore di vita. Chiedono di cambiare. E Illary la vedono come il fumo negli occhi anche perchè qualche scheletro nel cassetto ce l’ha pure lei e in tutti il suoi comizi Trump non si è mai dimenticato di ricordare a tutti la vicenda mai chiarita delle ricche donazioni che la Fondazione Clinton ha ricevuto da Stati arabi mentre lei era segretario di Stato. Così ora sembra quasi un testa a testa. “Se vince Trump sarà l’apocalisse…” annuncia un tipo con gli occhialini alla Jonh Lennon davanti alla Public Library della quinta. Serviranno poche ore per capire se sarà così. Intanto New York trattiene il fiato e si organizza. Giornalisti e troupe televisive praticamente dappertutto che preparano le dirette da Time Square puntando i loro obbiettivi sui newiorchesi e sule vetrine del Nasdaq che sarà uno dei veri termometri per capire cosa succederà davvero dopo. Ma c’è tensione anche perchè l’America è un Paese sotto tiro e l’election day è uno di quei giorni ad altissimo rischio. Così schiera poliziotti ad ogni angolo della strada, transenne, elicotteri del Police department in volo continuo intorno all’Empire. Oggi la città sarà sigillata a cominciare dagli aeroporti e così anche chi deve ripartire per tornare a casa dopo la maratona farà il check-in almeno un paio di ore prima. E’ tutto pronto. Ci sono comitati elettorali un po’ ovunque e i due candidati si sono divisi anche le piste del ghiaccio. I tifosi di Illary festeggeranno ( se festeggeranno) su quella del Rockfeller Center, quelli di Trump in quella allestita a Central Park. Poche ore è tutto sarà più chiaro. Anche se per l’homeless seduto con un cartello sulla settima di fronte al Manhattan Hotel è tutto già chiarissimo: “Datemi un dollaro altrimenti voto per Trump…”