Colnago: “L’è quel che l’è..”
«L’è quel che l’è…» Ernesto Colnago quando vuole farsi capire parla in brianzolo. E «Quel che l’è ..» è un bell’intercalare che vuol dire tutto. Un po’ come Enzo Ferrari a Maranello con il modenese quando c’era da serrare i ranghi. Grandi uomini e grandi imprenditori, antichi e moderni. Stessa pasta. E negli 85 anni festeggiati alle Officine del Volo in via Mecenate a Milano, c’è tutta l’imprenditorialità «familiare» di un «biciclettaio», come dice lui, che è diventato il simbolo della buona impresa italiana e che è rimasto tra i pochi a difenderla. Colnago ha fatto la storia del ciclismo ma anche del nostro Paese. Che si può raccontare con i nomi e con le vittorie. Magni, Nencini, Adorni, Dancelli, Mercks, Motta, Saronni, Battaglin, Baronchelli, Argentini, Ballerini, Tafi, Bettini, Freire, Savoldelli. Non si finisce più. E a salutarlo, a salutare la sua storia che continua, c’erano un po’ tutti. Anche chi con lui non ha mai pedalato perchè le strade non si sono mai unite come Gimondi o Moser o perchè ha fatto altri mestieri come Fabio Capello o Don Mazzi, da sempre al suo fianco. Un viaggio nel tempo, raccontato da Marino Bartoletti che da Sanremo, dove in questi giorni vanno un po’ tutti, è tornato indietro per presentare un festival di ciclismo. Musica anche questa. Una storia e una nuova bici. Una storia e una grande torta da tagliare con la sua famiglia, con sua moglie Vincenzina: «Per lei ho firmato la prima cambiale da 20mila lire- ha raccontato Colnago- Per comprare una moto che durante la settimana usavo per portare ruote e telai e la domenica, dopo averci rimesso la sella, usavo per portarla a spasso…». Un amore infinito. Come quello per la bici. Passione, intuito, imprenditorialità brianzola. «Artigiano e imprenditore ma soprattutto un uomo che si è fatto da sè- ha spiegato Luca Cordero di Montezemolo che con Colnago ha condiviso la prima bici in carbonio progettata con Enzo Ferrari- Il suo patrimonio sono le donne e uomini che lavorano in azienda, il legame familiare, la capacità di fare le grandi cose con semplicità. Con lui abbiamo fatto pedalare Michael Schumacher e Fernando Alonso…». Da un presidente di Confindustria a un altro. A Giorgio Squinzi che con la Mapei in nove anni ha scritto a storia del ciclismo: «É un incantatore di serpenti, gli devo tutto- ha detto il presidente- Se per otto anni siamo stati la squadra più forte al mondo il merito è suo, delle sue conoscenze, delle sue invenzioni, dei suoi contatti. La mia riconoscenza è infinita». E poi i ricordi: «Quando con Ballerini vincemmo la Roubaix- racconta Squinzi- esordimmo con la prima bici in carbonio. Telefonai a Colnago di notte per chiedergli se era sicuro che sul pavè non si rompesse in due. Rimase sveglio a rifare calcoli e prove…». Ottantacinque candeline, coppe, trofei, titoli, record, il cavalierato del lavoro e ora anche il distintivo d’oro delle Federazione : «Il riconoscimento più ambito- ha spiegato il presidente Renato Di Rocco- Per tutto ciò che di fantastico ha fatto per il ciclismo…». Che a sentire Colnago non è che sia poi chissà che cosa: «L’è quel che l’è…». Come sempre.