Morire di sport? Colpa di un gene
Vigor Bovolenta, pallavolista azzurro, che si accascia suol campo di Macerata alla sua 553ma partita in serie A, Piermario Morosini che crolla su un campo di calcio al 31esimo minuto di Pescara-Livorno. E andando più indietro negli anni, Renato Curi, mediano del Perugia o Luciano Vendemini pivot della nazionale azzurra di basket. Stroncati da morti improvvise che annichiliscono chi non s’aspetta che un atleta possa essere a rischio. Morti che hanno una causa, la Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, e oggi anche una spiegazione grazie a uno studio firmato dagli scienziati dell’Istituto Auxologico italiano di Milano insieme a un gruppo di colleghi sudafricani. A stroncare le vite dei giovani atleti ma anche di chi fa sport agonistico per passione è spesso la Displasia aritmogena del ventricolo destro e ora si sa che può essere causata dalla mutazione di un gene, il CDH2, responsabile della produzione della Caderina 2, una proteina fondamentale per la normale adesione tra le cellule cardiache. La produzione alterata di questa proteina provoca aritmie maligne e l’arresto del cuore. Il nuovo studio è frutto di una collaborazione internazionale iniziata 15 anni fa, tra l’équipe di Peter Schwartz e Lia Crotti dell’Auxologico di Milano e dell’università di Pavia, e quella diretta da Bongani Mayosi dell’università di Cape Town e del Groote Schuur Hospital. Lo stesso dove 50 anni fa Christian Barnard eseguì il primo trapianto di cuore. Gli scienziati sono partiti dal caso di una famiglia sudafricana segnata da più casi di morte improvvisa giovanile per arrivare a individuare, tra oltre 13mila varianti genetiche rare, il gene responsabile. «Tra gli atleti è aumentata la probabilità di avere manifestazioni cliniche – spiega il professor Peter Schwartz – Ci possono essere talvolta sintomi che annunciano questa patologia come le aritmie, le palpitazioni, gli svenimenti in campo. Ora con la scoperta di questo gene siamo in grado di individuare la mutazione anche tra individui della famiglia che non hanno ancora sintomi». La ARVC è una patologia genetica che predispone all’arresto cardiaco e rappresenta una delle principali cause di morte improvvisa tra ragazzi sportivi e atleti. Ogni anno in Italia muoiono improvvisamente circa 50 mila persone, e le forme ereditarie di cardiomiopatia hanno un ruolo preminente all’origine di questi decessi nei giovani under 35. «L’importanza della scoperta è duplice – spiega Lia Crotti, vicedirettore del centro per lo studio delle aritmie cardiache genetiche dell’Auxologico – Dal punto di vista scientifico è un tassello per la miglior comprensione di questa patologia e quindi per la possibilità di implementare cure future, da quello clinico immediato perchè rende possibile un test sulle famiglie di chi ha la mutazione di questo gene e ci permette fare prevenzione». Che in Italia più che altrove già si fa con le visita medico sportiva obbligatoria per gli agonisti e l’eletrocardiogramma basale sotto sforzo: «É un ottimo sistema di prevenzione – spiega la dottoressa Crotti- e infatti nel nostro Paese la mortalità dei giovani sportivi è un quinto rispetto ad esempio che negli Stati Uniti. La morte improvvisa negli atleti viene favorita dal fatto che quando sono in competizione allo stress cardiaco aggiungono quello emotivo. Ma in presenza di una malattia ereditaria come ARVC la morte improvvisa può manifestarsi prima che siano evidenziabili alterazioni all’elettrocradiogramma e all’ecocardiogramma»