Trabuio e la “sua” maratona
Io non c’ero ma dicono che la maratona di Milano sia stata un successo. Ed è già da qualche anno che è così. Certo, qualcuno che storce il naso ancora c’è, ma quelli ci sono sempre. Ciò che conta però è che la Milano marathon, dopo una vita più o meno tribolata, abbia trovato l’equilibrio del grande evento. Un numero di atleti che cresce, un percorso ormai consolidato, la comunicazione dei disagi annunciata e recepita dalla città, qualche applauso in più da chi sta dietro le transenne, la gioia di un popolo che corre e che dà la sensazione di vivere la festa che dev’essere una corsa che per 42chilometri attraversa in lungo e in largo una metropoli. Come da altre parti nel mondo, finalmente. C’è un lavoro dietro tutto ciò. Fatto da una squadra perchè va sempre così, le sfide non si vincono quasi mai in solitudine. Ma il successo della Milano Marathon e (se si può dire) la sua consacrazione stanno tutti in una foto e nella stretta di mano che è andata in scena un paio di sere fa al Forum, prima della partita dell’Olympia tra Giorgio Armani e Andrea Trabuio, responsabile dei grandi eventi della Rcs ma soprattutto di questa maratona. Una stretta di mano che significa tante cose. Quando parecchi anni gli chiesi cosa voleva fare di una Milano Marathon che faticava a decollare, tant’è che un’edizione addirittura saltò, Trabuio mi disse bisognava aver pazienza ancora qualche anno. Che non era così vero che Milano era un città impossibile da convincere, che la scelta di correre in primavera avrebbe pagato, che stava pagando il lavoro di coinvolgimento delle onlus, delle società podistiche. Che l’idea delle staffette, della relay legata alle charity era una strada da percorrere. Trabuio ha una grande qualità: non si perde d’animo. Lo conosco da qualche anno, conosco le vicissitudini che ha dovuto affrontare in tutti questi anni di organizzazione meneghina e non mi è mai capitato di averlo visto irato, furioso, incazzato. Pare quasi ascetico nell’affrontare gli eventi, nell’accettare le ( spesso) discutibili decisioni delle amministrazioni, nel dover fare i conti con promesse disattese, con blocchi del traffico annunciati e poi dimenticati, con la rabbia di un popolo di maratoneti giustamente esigenti che si ritrovano il giorno della gara a dover pagare un biglietto della metropolitana, anche se quest’anno non è accaduto. Di questa maratona è stato il parafulmine perfetto, capace di disinnescare scariche di elettricità, difficili da assorbire. Il direttore perfetto di una gara che tra alti e bassi, tra errori, tra una decina di percorsi cambiati, tra critiche e dispetti è riuscita a diventare la Milano Marathon che è oggi. Cioè grande. C’è ancora chi dice che sia solo la maratona delle staffette, quasi a sminuire un’idea fantastica che quasi tutti stanno copiando e non solo in Italia. E se fosse? Cosa cambia? Qual è la differenza, dove sta l’inganno? La stretta di mano tra Armani e Trabuio non è solo l’atto dovuto, formale di uno sponsor all’organizzatore di una maratona che ha accettato di indossare le sue maglie. E’ la Milano che conta che ha capito che sulla maratona è arrivato il tempo di scommettere.