Marathon des sable, Olmo c’è
“Eccomi a preparare lo zaino per la mia ventiduesima marathon des sable. Sei buste di pasta al pomodoro, un chilo di gran kinara , un chilo di multicereali, tre etti e mezzo di frutta secca, barrette e gel. Il mio numero è il 1212…”. Parte venerdì la trentaduesima edizione della Marathon de sable e Marco Olmo c’è. Un pezzo di storia quasi infinita la sua, fatta di imprese e vittorie. E non ancora finita. A sessantotto anni questo fenomeno di Robilante ha ancora voglia di scrivere la sua storia o forse di raccontarsela ancora un po’. Così riparte senza chiedersi chi glielo fa fare perchè, come ripete quasi ad ogni intervista, “La corsa mi fa stare bene, mi dà assuefazione. Produce e endorfine che aiutano a sentirsi meglio, a vivere meglio”. E questo basta. Duecentocinquanta chilometri nel sud del Marocco tra le dune del deserto del Sahara, sette tappe dure, rese ancora più dure da caldo e pietraie. Una corsa lunga come la vita che Marco Olmo ha già conquistato e che pare non finire mai. Una storia di grandi vittorie che vanno dall’Ultra trail du Mont Blanc all’Ultra Bolivia Race lo scorso anno, la più recente. Ma non contano le imprese quando si parla di un uomo così. Atleta immenso ma anche un po’ filosofo che vive la sua vita con la semplicità dei grandi. Cambiano i parametri, cambiano i valori, cambia tutto. Non conta la fatica perchè lui è uno che nella ha lavorato sodo e la fatica la conosce. “La fatica esiste, eccome se esiste- mi raccontava qualche tempo fa in un’intervista- Ma ognuno è padrone del suo copro. E’ inutile barare . Doparsi è come modificare la centralina al motore di una macchina: va di più, però, se si rompe il motore della macchina lo cambi, se si rompe il nostro hai finito lì. Muori. Già quando sei in gara hai delle endorfine e dell’adrenalina che produce il tuo corpo che ti fanno andare oltre. Incentivare le prestazioni con le droghe che non ti fanno sentire dolore è il peggio che puoi fare. E’ nocivo. Ognuno poi paga o con la sua coscienza o con la sua salute. E prima o poi il conto arriva sempre”. Una vita di sudore, sui camion e sulle ruspe nelle cave. E se poi dopo essersi alzato alle cinque uno trova ancora la forza di allenarsi vuol dire che ha dentro qualcosa. Se uno ha voglia di uscire vuol dire che per lui corsa importante. Forse una ragione di vita. Senza forse. “Correrò fino alla fine, come gli animali…” risponde sempre Marco Olmo da Robilante a chi gli chiede quando metterà fine al suo “tormento”. Correrà fino alla fine, perchè la corsa è lunga come la vita. E tra poche ore si riparte a sfidare un deserto che conosce come le sue tasche. Per scrivere un altro pezzetto della sua storia incredibile.