Fontana alle Hawaii, capitano coraggioso
Ci sono i capitani e poi ci sono i capitani coraggiosi. Un’altra razza. Daniel Fontana, di coraggio ne ha da vendere. A quarantuno anni non è facile tenere botta. Non è facile nulla. Decidere, continuare, arrendersi, resistere, competere…Tutti verbi all’infinito come infinita pare la carriera di questo triatleta argentino regalato all’Italia a cui tutto il movimento azzurro deve molto e che oggi a nell’Ironman di Zurigo, strappando con i denti e con il cuore la quinta posizione, si è qualificato per i mondiali di Kona alle Hawaii. E’ la sua quinta volta. Non è poco e non è un caso. Non si va da quelle parti per fortuna soprattutto alla sua età. A quarantuno anni ci si qualifica per un mondiale Ironman solo se si è capitani coraggiosi, fuoriclasse, solo se si ha la grande umiltà di non sentirsi arrivati, anche dopo un paio di olimpiadi, anche dopo tante vittorie, anche dopo due Ironman in bacheca. Ma campioni sono il mix perfetto di muscoli, cuore e cervello e solo loro possono coniugare i verbi all’infinito. Gli anni passano e non fanno sconti. Così bisogna essere capaci di riscrivere ogni volta la storia. La propria storia o il proprio “romanzo” come dice Daniel. Ogni gara, ogni sfida, ogni traguardo. Bisogna essere capaci di non guardarsi indietro, di riannodare i fili di una tela che si sfilaccia, di ripartire ogni volta da zero dopo un infortunio, dopo una sconfitta, dopo una gara che non è andata come si sperava, dopo uno “schiaffo inatteso”. Ed ogni volta è più complicato. Perchè magari la testa è pronta a combattere ma i muscoli non ne vogliono sapere, il cuore tentenna. Perchè gli acciacchi pesano. Perchè pesa allenarsi, non mollare, rinunciare… E perchè non c’è più la sfrontatezza e l’ardore dei vent’anni e anche se l’esperienza e la saggezza aiutano sono un’arma a doppio taglio: ti spingono a ragionare, non ad osare. E invece il capitano della DDs di Settimo Milanese la sua quinta slot definitiva per Kona s’è le conquistata con il coraggio e con l’incoscienza di chi, alla sua età, non ha ancora voglia di navigare verso lidi più tranquilli come fa la maggiorparte dei suo coetanei. Come farebbe chi può già passare a riscuotere. E lui potrebbe. A Zurigo serviva un quinto posto e quinto posto è stato. Con una gara intensa, faticosa, testarda. Con il carattere che ti permette di restare attaccato al tuo sogno. Un sogno senza età. Capaci tutti di non mollare quando si è davanti, ma quando davanti gli altri scappano via bisogna essere capaci di restare attaccati, di andarli a prendere, di superarli in una maratona che vale la finale mondiale. Otto ore, 36 minuti e 6 secondi, il tempo si ferma ed è come se si fermasse davvero per un campione che a quarantuno anni è ancora capace di stupire. L’Ironman Switzerland va al giovane australiano Nicholas Kastelein, alla sua prima vittoria sulla distanza, in testa praticamente dall’inizio alla fine arriva al traguardo in 8:13:28 davanti agli svizzeri Rudi Wild (08:20:37) e Jan Van Berkel. C’è onore e gloria per tutti loro, ci mancherebbe. Ma in una giornata così la storia da raccontare è un’altra. Una sola. E vale il prezzo del biglietto.