C’è il ciclismo e c’era una volta il calcio…
Con un poderoso scatto a cinquecento metri dal traguardo Chris Froome se ne va e vince la nona tappa della Vuelta di Spagna da Orihuela a Cumbre del Sol. Fine. Una “frullata” e gli altri dietro. C’è poco da discutere ed è il bello del ciclismo e di tutti quegli sport dove vince chi arriva primo. Poche regole e semplici, anzi una sola. Così si arriva al cuore dei tifosi, che si appassionano, fremono, si abbracciano, applaudono e alla fine gioiscono e piangono. Di gioia o di rabbia, dipende da come va a finire ma l’emozione è adesso. Così è anche il calcio. Vittorie, sconfitte vince chi fa un gol in più. Regola semplice anche se poi, tra fuorigiochi di centimetri, palle che superano o non superano le linee, tocchi di mano più o meno involontari si discute. Si discute per intere settimane. Ma si discute dopo. O meglio si discuteva dopo, perchè da quando in campo è arrivata la Var, moviola che l’arbitro può consultare in diretta, ora si discute anche durante. Ed è un po’ l’inizio della fine. Non vince chi fa un gol in più. Non è più detto. Così accade, come è accaduto ieri sera nella sfida tra Benevento e Bologna, che i sanniti dopo un lungo attaccare riescano ad arrivare al pareggio in pieno recupero. E’ la gioia più grande, riacciuffare una partita che sembra persa. E infatti viene giù lo stadio. Si abbracciano i tifosi, si abbracciano i calciatori in campo, la panchina esplode, qualcuno piange…Ma l’arbitro non fischia. Va verso bordo campo e da un’occhiata alla moviola mentre il “Ciro Vigorito” trattiene il fiato. Il gol non vale, non vale più. Il gol non c’è. Un secondo e si cancella tutto, si riavvolge un nastro che spazza via gioia, abbracci, lacrime ed emozione. L’emozione non c’è più. Ed è come uccidere la fantasia, il mito, la storia. E’ come chiedere a chi sta sugli spalti di aspettare a gioire dopo un rete, dopo una vittoria. Dopo il gol del 4 a 3 di Rivera alla Germania all’Atzeca, dopo i gol di Pablito al Brasile al Sarria, dopo il rigore di Grosso all’ Olympiastadion di Berlino. C’era una volta il calcio delle emozioni. C’è adesso il calcio dell’emozione “sub judice”.