Maratona, nostalgia di New York
C’è il mal d’Africa, c’è la saudade e c’è anche la nostalgia di New York e della sua maratona. Una sottile malinconia che ti coglie alla vigilia di una vigilia che quest’anno non sarà la tua. New York è New York anche se non è la più bella maratona che si possa correre. Però è uno di quei film che ti ricordi per sempre e che rivedresti centinaia di volte. Sono fantastici (e furbi) gli americani. Per cinque, sei, sette giorni ti fanno diventare il protagonista della scena, anche se sei uno dei tanti, dei quarantamila che arrivano lì da mezzo pianeta. E’ il colpo di genio: ti fanno sentire un “eroe” della loro maratona anche se sei l’ultimo dei tapascioni, se corri forte, se corri piano, se ti fermi e riparti, se cammini o arrivi a notte fonda. Tutti uguali per loro. E ti resta dentro tutto, non solo la corsa. Ti rimane addosso la luce riflessa dei grattacieli di Manhattan che è la prima cosa che ti colpisce quando arrivi. Le insegne, gli alberghi le case che ti sembra di aver già visto mille volte. Ti restano addosso i brividi delle folate di vento perchè New York è si una città moderna e piena di grattacieli, ma resta sempre un posto di mare. E te ne accorgi soprattutto la mattina all’alba quando ti “deportano” per andare verso la partenza di Staten Island. Ti restano dentro i profumi, l’odore acre delle cucine dei ristoranti, le fumate dei tombini. Ti manca il camminare assurdo, prima, durante e anche dopo: un pellegrinare senza logica tra negozi che vendono di tutto ma soprattutto tanta tecnologia dove entri, tratti con il portoricano di turno che sta al banco, e compri convinto di aver fatto l’affare. Forse una volta ora sempre meno. Ti mancano le code al Moma, all’Empire, al museo di Storia naturale. Davanti ai locali per decidere dove cenare. Ti mancano anche i cantieri nelle strade con gli operai al lavoro che sembrano tutti usciti dalle copertine di un settimanale. Ti mancano i taxi che basta alzare un braccio, i camioncini degli hot dog, le colazioni infinite e gli hotel che da giovedì a lunedì sono tutti pieni di maratoneti. Con lo store della Nike e con Tiffany. Con la ferita delle Torri gemelle che ormai sono un santuario nel nulla. Con il caffè bollente da portarsi a spasso con il cartone attorno al bicchiere per non scottarti, con le ciambelle ricoperte di tutto e con i “bagel” che è difficile dir di no. Con la sgambatina a Central Park, con la foto di gruppo e con i briefing pre gara. Con le facce del mondo che ti sfilano davanti tra Fifth, Madison e Park Avenue. Con le borse dello shopping e con una valigia nuova perchè serve spazio per riportarsi indietro quello che non hai potuto non comprare. Con tutto ciò che ti aspetti ma che comunque riesce sempre a sorprenderti. Città fantastica. Anche per correrci una maratona. Che non sarà la più bella e non sarà la più facile. Ma che resta un sogno per chi ci è stato e per chi ci andrà. E quando non ci sei ti prende la malinconia…