Il don: “la fatica in bici eleva lo spirito”
«Il prossimo anno andrò in Terra Santa e farò le prime tre tappe del Giro d’Italia…». Pedala Don Agostino. Pedala e fa pedalare un mondo che gira intorno a lui. Un mondo accogliente e volenteroso che a Valmadrera, tra il lago di Lecco e quello di Annone, sta diventando il sogno che da sempre accompagna la Comunità di don Guanella, 85 anni di storia, di accoglienza, di orfani di guerra, di ragazzi difficili, di minori affidati dai tribunali e ora anche di profughi che qui trovano rifugio, ospitalità, lavoro e una strada lungo cui incamminarsi: «Perchè noi ci adeguiamo alle emergenze- spiega il Don- e perchè “tutto il mondo è patria vostra“, come ci ha sempre insegnato don Guanella». Ma per molti, quasi per tutti qui, è una strada in salita, perchè tutto si guadagna e si conquista. Un tappa di quelle alpine, come lo Stelvio, il Pordoi o come il Resegone, che sta proprio di fronte alla cascina che Don Agostino da quattro anni sta facendo crescere con i suoi ragazzi.
Torna sempre il ciclismo. Torna sulle facciate della nuova stalla costruita in 13 mesi dove un murales ritrae i volti di campioni come Cadel Evans, Gianni Bugno, Giovan Battista Baronchelli e Claudio Chiappucci. Torna nella bici stilizzata che c’è all’ingresso della comunità. Nelle fotografie, nei racconti, nella vita di tutti giorni. Torna nella vita di don Agostino, prete da trent’anni ordinato dal Cardinal Martini, ma sempre nella comunuità di Don Guanella. Qui si pedala sempre. E non solo per far chilometri in strada: «La bici è la mia passione- spiega il don che quando deve andare in udienza dal papa a Roma ci va con la sua bici da corsa- Una passione sportiva ma anche uno stile di vita. Perchè in bici si fa fatica, non ti regala mai niente nessuno e tutto ciò che conquisti lo devi sudare. E la fatica aiuta a riflettere è elevazione spirituale».
Così quattro anni fa è nata l’idea di trovare un luogo dove i ragazzi della comunità potessero cominciare a coltivare, allevare, trasformare i prodotti della terra in un lavoro. «La mia idea era quella di cominciare con un orto- racconta il don- Un piccolo pezzetto di terra. Così provai a guardarmi intorno. Provai a chiedere. Dissi no a una vecchia filanda e ad altri due luoghi che non so perchè ma non mi sembravano adatti. Cercavo qualcos’altro e forse è stata la provvidenza a guidarmi qui». In una antica fattoria di mezzadri dove vivevano (e vivono) Gianna e Valerio, una vita insieme, una vita qui. Che oggi sono il simbolo di questa comunità, la testimonianza, il ricordo di un mondo che il don e i suoi ragazzi stanno conservando e che loro gli hanno insegnato ad apprezzare ed amare. La cascina di don Guanella in quattro anni è diventata una stalla modello con mucche di razza Fassona, capre, e conigli. Un orto che produce di tutto e una serie di filari di viti che ogni anno permettono di imbottigliare duemila litri di vino «Barabin» che prende il nome dai «barabit», piccoli Barabba, come hanno sempre chiamato i ragazzi di Don Guanella.
Una cascina inaugurata dal ministro Cecile Kyenge e visitata poi dal «collega» Maurizio Martina che oggi è una piantagione con 370 piante di ulivi che hanno preso il posto di arbusti e sterpaglie, che è stata terrazzata con muri in pietra dove ora si può coltivare, che è stata bonificata, recintata e resa autonoma con un impianto di irrigazione costruito con tre enormi cisterne e che ora garantisce l’acqua dove non c’è mai stata. Sembra un miracolo, un grande segno della Provvidenza ma dietro a tutto ciò c’è la passione, c’è un lavoro enorme garantito dai ragazzi della comunità ma non solo da loro perchè qui tutti danno una mano: volontari, artigiani pensionati che regalano il loro mestiere, amici ciclisti che giù dalla sella si rimboccano le maniche. Capitani di industria come Giorgio Squinzi che da sempre mette a disposizioni tutti i materiali da costruzione che servono. «Noi non facciamo business ma solidarietà e chi ci aiuta lo ha capito- spiega don Agostino- Tutto ciò che è stato realizzato è stato fatto con le nostre forze e grazie alle donazioni che sono arrivate in quattro anni: 870 mila euro che ci hanno permesso di fare ciò che è stato fatto». Ma il meglio deve ancora venire. Il progetto non è più un progetto perchè è già diventato cantiere e l’anno prossimo di fianco alla stalla nasceranno uno spazio di ristorazione e un paio di laboratori: «Pianteremo il grano saraceno è cominceremo a panificare- annuncia don Agostino- E poi stiamo già raccogliendo l’orzo che abbiamo piantato che manderemo a maltare per la produzione della birra che in realtà è già cominciata».
La birra, come il vino, si chiama «barabina» sempre per lo stesso motivo di cui sopra e la produzione è stata avviata grazie alla preziosa consulenza di Fabio Negri, un ex ciclista professionista che ogni tanto pedala col don. E torna la bici. Torna perchè il sogno è quello di realizzare un AgriBike che sta prendendo corpo grazie ad Alex Zanardi, che si è innamorato di questa storia e qui ha portato la beneficenza della fondazione Vodafone. E torna perchè poche settimane fa, proprio per raccogliere fondi,
Don Agostino ha messo in bici 1200 ciclisti nella prima granfondo don Guanella. Una pedalata di oltre cento chilometri sulle strade classiche del Giro di Lombardia, da Lecco a Valmadrera con arrivo proprio nella piazzetta della cascina. Una festa di sport, di passione, di solidarietà con Cadel Evans, un Tour e un mondiale in bacheca, a tirare il gruppo. «Cadel è un campione e un uomo speciale- spiega don Agostino- É al nostro fianco da sempre. É uno di noi…Anni fa alla viglia della Milano-Sanremo che noi anticipiamo sempre con un gruppo di amici doveva essere dei nostri ma poi non riuscì perchè aveva promesso al suoi figlioletto che per la festa del papà sarebbe rimasto con lui. Così non ci seguì. Ma alle 5 e mezzo del mattino me lo ritrovai a Mesero a salutarci. Ci aveva portato il termos con il caffè caldo…». Storie. Racconti. Emozione che sui selciati di cascina Guanella trovano terreno fertile. Qui si arriva e si rimane. E si cresce. «Come la vite e come l’ulivo- spiega Don Agostino- Li abbiamo piantati e ora li guardiamo venir sù. Tra qualche anno questa montagna sarà un bosco di piante sacre che sono il simbolo della nostra comunità. É un segno di bellezza che è importante ma non c’entra nulla con l’estetica. E’ un valore che aiuta a crecescere. E non c’è solo la bellezza delle chiese, ma anche quella dei luoghi…». Qui si arriva in cerca di approdo alla ricerca di uno spiraglio per conquistarsi un pezzo di vita. Con sudore e fatica, sporcandosi le mani di terra e qualche volta spingendo sui pedali.