Macchè disfatta azzurra: il cielo è sempre più blu
Non serve essere tecnici di calcio per capire che la disfatta azzurra non è solo una sconfitta pallonara. Non è un fatto di modulo, trequattrotre, trecinquedue, quattroduequattro o chissà che. Non sono le scelte “sventurate” di Giampiero Ventura. L’Italia che dopo sessant’anni non va al mondiale è un danno economico, è un caso politico con tanto di interrogazioni parlamentari annunciate e con tanto di psicodramma nazionale in diretta dai Tg ai giornali, dagli uffici ai bar , dai circoli alle parrocchie. L’Italia senza il calcio non ci sa stare ed ecco allora che il mondiale russo che sfuma diventa l’Apocalisse annunciata a sproposito dal presidente federale Carlo Tavecchio. Così, tanto per dare un seguito ai 180 minuti giocati sul campo contro gli svedesi che ci hanno impacchettato come un mobile dell’Ikea e rimandato a casa, ora ci tocca assistere ai supplementari di una vicenda che tra le tante chiacchiere credo sia destinata a finire come sempre nel nostro Paese, cioè a tarallucci e vino. Il presidente de Coni Giovanni Malagò e il ministro dello sport Luca Lotti , con parole diverse e toni diversi, in pratica hanno chiesto le dimissioni del presidente dell Figc che però non ci sente e, nello stile più consolidato di un sistema politico che incarna e rappresenta, resterà al suo posto. Negare, negare sempre e soprattutto mai dimettersi è questa la parola d’ordine su cui sono state costruiti negli anni i destini di chi ricopre cariche federali, politiche e amministrative. E le federazioni (tutte) che sono propaggine e terreno per le nomine dei partiti politici in applicazione delle più antiche regole dei manuali Cencelli non fanno eccezione. Forse si dimetterà Ventura come ha promesso ad un inviato delle iene che ieri sera lo ha incontrato casualmente in aereo: però non lo ha ancora fatto e invece doveva, subito ieri sera al Meazza, come avevano fatto i suoi predecessori Marcello Lippi e Cesare Prandelli. Vedremo. Comunque vada non sarà più il commissario tecnico azzurro, perchè una clausola del contratto rinnovato fino al 2020 glielo vieta nel caso di non raggiungimento della qualificazione per MOsca 2018. In quel caso il contratto scadrebbe a fine luglio e il “mister” dimettendosi perderebbe diverse centinaia di migliaia di euro. Da qui i dubbi su un suo gesto eroico. Ma perchè poi dimettersi? Perchè fare un passo indietro? Perchè fare ciò che mai ( quasi mai ) nessuno nel nostro Paese fa? Già, perchè? Perchè al di là di uttte le chiacchiere, gli scenari, i progetti di rifondazione di un movimento calcistico di cui da stamattina tutti stanno più o meno a ragion veduta discettando, le dimissioni dopo un fallimento epocale, qualsiasi esso sia, restano un atto di buona volontà. Restano l’unica credibile ammissioni di colpa in un paese dove ormai nessuno sbaglia mai e quando le cose vanno male o malissimo lo sport più diffuso è quello di cercare ogni alibi possibile. Perchè le dimissioni sono l’unica sferzata di cui si sente il bisogno, un bell’esame di coscienza da cui ripartire davvero. Se no torna in mente un grandissimo pezzo dell’indimenticanbile Rino Gaetano: “Chi ha perso e chi ha vinto, chi ha torto o ragione, chi come ha trovato, chi tutto sommato …” Ma il cielo è sempre più blu…