Doping, figli e coscienza
Un padre o un madre che spingono un figlio adolescente a doparsi che coscienza hanno? L’inchiesta della Procura di Lucca, con sei arresti e 17 indagati, parte dalla morte un ragazzo di 21 anni. E allora la domanda che un genitore dovrebbe farsi è se si può permettere che il proprio figlio rischi la pelle per una vittoria, uno sponsor, una carriera. Ovviamente no. Ma le intercettazioni dei dialoghi tra allenatori, atleti, genitori e anche nonni in questa storia di sport deviato sono allucinanti. Non c’è pena che possa essere inflitta a un padre o ad una madre che permettono tutto ciò. Anzi una pena c’è, ma è quella che si prova di fronte a tanto degrado morale e culturale. Non è in discussione il modo di intendere lo sport, ma il modo di intendere la vita che ognuno interpreta secondo le categorie di cui dispone ed è per questo che ciò che per alcuni non è neppure pensabile per altri diventa lecito. Carlo Tranquilli, medico sportivo presidente dei medici sportivi della sezione Lazio della Federazione pochi mesi fa aveva perfettamente spiegato quali sono i rischi del doping sui ragazzi: “Gli anabolizzanti somministrati agli adolescenti possono avere effetti collaterali importanti, ricadute ormonali, provocare problemi sessuali, cardiovascolari e potenzialmente anche tumorali”. Basta e avanza per chiedersi quale sia la degenerazione di un genitore che spinge un figlio su questa strada quando la pulsione naturale porterebbe a proteggerlo, ad evitare che corra rischi a far sì, che proprio facendo sport, cresca più sano e più forte. I genitori non devono occuparsi di questioni tecniche. Non è loro compito, ci sono gli allenatori per quello. Ma capire dove i propri figli fanno sport, in quali società, in che ambiente, con che filosofia sportiva crescono e a quali persone vengono affidati. Senza tirarla troppo in lungo si capisce subito che aria tira in una squadra. Si capisce subito qual è il clima in una gara, se c’è esasperazione, se si gioca sporco e si rispettano le regole. Basta guardarsi intorno. Basta esserci. Certo bisogna esserci però. Presenti ma non invadenti, attenti finchè i figli crescono perchè poi da grandi faranno le loro scelte e si prenderanno le loro responsabilità. Non c’è una ricetta contro il doping. Ci sono però gli anticorpi dello sport corretto che in tanti (molti di più di quanto si pensi) provano a diffondere. E poi c’è la coscienza. Quella che dovrebbero avere padri e madri che crescono figli che poi cresceranno altri figli…Ecco forse in qualche caso è proprio questa che manca. E la catena virtuosa s’interrompe…