Nibali, dove eravamo rimasti?
L’avevamo lasciato sul Civiglio dove aveva vinto l’ultimo Lombardia, l’abbiamo ritrovato giù dal Poggio e tutto di un fiato fino a Sanremo senza mai girarsi, senza curarsi di chi lo rincorreva, di Sagan e Kwiatokwsky che erano i favorirti e si sono annullati. Vince Vincenzo Nibali. E chi se no? Vince tra gli applausi e le lacrime di tutti i suoi tifosi che forse speravano ma non immaginavano. Vince e riapre una stagione che porterà al mondiale di Innsbruck proprio come aveva chiuso quella passata con un capolavoro che solo un campione come lui poteva firmare. Si ricomincia proprio da “dove eravamo rimasti…” da un scatto che unisce Poggio e Civiglio e diventa per incanto una premonizione accarezzata dal sole. Cinque ore di pioggia poi il tepore della Riviera incoronare un re a cui la Sanremo mancava. Per aggiungere un pezzo di storia ad una carriera infinita. E allora anche la Sanremo dopo il Lombardia, monumento dopo monumento con un’altra “fucilata” che vale più del pavè di Sheffield che in un certo senso gli consegnò il Tour, più della tappa vinta a Sant’Anna di Vinadio che gli aveva fatto riacciuffare un Giro che sembrava già vinto da Chavez. Scattare in salita, scattare anche in discesa, senza pensarci troppo perchè i grandi campioni sono capaci di inventarle al momento le corse. “Come ho vinto? Non lo so nemmeno io…” racconta lo Squalo al traguardo ai microfoni Rai. Ma è una bugia, perchè lo sa benissimo come ha vinto. Perchè solo lui vince così anche se poi nei piani dell Barhain-Merida si correva per Colbrelli. “Dovevo inseguire- racconta Nibali- ma poi c’è stato un vuoto e ho preso una ventina di secondi…”. Sembra tutto casuale, ma non lo è. Sembra una coincidenza trovarsi là davanti dopo quasi 300 chilometri ma è la classe dei campioni che ti ci fa restare: “Non sapevo chi c’era dietro e non mi sono più voltato fino ai 50 metri- spiega- lì ho capito che era fatta e mi sono preso un attimo…” Un attimo di gloria. Sua, nostra di tutti quelli a cui il ciclismo fa venire la pelle d’oca. Il resto lo fanno le note dell’Inno di Mameli. Che in Riviera non si sentivano da un po’…