Nico Valsesia sul Rosa…Perchè la fatica non esiste
La fatica non esiste…Basta ripeterlo, ripeterselo e ripeterlo ancora. Così magari alla fine uno si convince. Ci vuole poco. Chiunque faccia sport di endurance sa perfettamente che la fatica esiste. Eccome se esiste. Ma per una “magheggio”della nostra mente, o semplicemente per spirito di conservazione, basta illudersi che sia un premio per cancellarla. E a Nico Valsesia, 47 anni ultratleta di Borgomanero, questo giochino viene facile: “La fatica esiste ma se uno fa queste cose per pura passione alla fine non la sente…» spiega. Ha costruito la sua fama su questo motto e “La fatica non esiste…» è diventata anche un libro per la Mondadori. Tra le sue avventure ci sono cinque partecipazioni alla corsa ciclistica più dura al mondo la Race Across America, 4800 chilometri dal Pacifico all’Atlantico attraversando gli Stati uniti senza mai fermarsi, C’è la prima traversata di corsa l’immensa distesa del Salar de Uyuni, in Bolivia, a 3600 metri di quota e ci sono tutta una serie di scalate che lo hanno portato, sempre partendo dal mare, prima sul Monte Bianco, poi sulla vetta più alta delle Americhe, l’Aconcagua, per il record mondiale di massimo dislivello positivo da zero a 6963 metri, poi sul monte Elbrus e sul Kilimangiaro. Ora riparte, il 7 e l’8 di aprile. Dal mare di Genova fin nella valle di Alagna e, dopo 240 chilometri pedalando, lascerà la bici ai 1400 del Monte Rosa per iniziare la scalata con gli sci da alpinismo fino ai 4554 metri della cima. Tutto in un week end. Tutto da solo come sempre perchè come dicono al Sud “le peggio cose si devono fare da soli…”. “In realtà sarà così solo in bici- racconta Valsesia- poi mi seguirà un mio amico nell’ultimo tratto in cordata quando dovrò affrontare un muro ghiacciato e lì è giusto che ci si leghi… Perchè lo faccio? Una risposta secca non c’è. Perchè fare fatica da solo mi fa stare bene, mi aiuta a trovare risposte a tutti i dubbi che ho, a gestire l’adolescenza dei miei tre figli e perchè alla fine mi diverto…”. E parecchio. Tant’è che la scalata del Rosa servirà a preparare l’ avventura del prossimo anno, la conquista dell’Everest facendo da «cavia» al progetto «From zero to», una ricerca scientifica condotta dal dottor Luca Vismara sulle fisiopatologie legate all’alta quota. ” Perchè proprio sul Rosa? Me l’hanno chiesto in tanti ed è qualche giorno che ci penso- spiega- Mi sono reso conto che non potevo che partire da lì per una serie di motivi…Perchè è il mio personale omaggio alla montagna che vedo colorarsi di rosa ogni mattina all’alba e ogni sera al tramonto e perchè è il culmine della valle dalla quale prendo il cognome e dove mi piace rifugiarmi…”