12 ore di Monza, la notte delle lunghe ombre
Basta rincorrere la propria ombra, aggrapparsi a quel gioco di luci scandito dal mulinare delle gambe e cercare la linea retta tracciata sull’asfalto dal faro puntato del frontalino. Minuto dopo minuto, giro dopo giro, chilometro dopo chilometro. Ora dopo ora, non un minuto in più. Dodici per finire. Dodici ore per vivere un’emozione che non finisce più, per condividere un’avventura, per fare amicizie o rinsaldarle. Dodici per giocarsela, per divertirsi e anche per decidere chi vincerà. Bolidi in pista a Monza. Ma non a motore. Carbonio, catene, pignoni, caschi e pedivelle. Bolidi su due ruote spinti da gambe che esplodono e da una testa che non dà mai l’ordine di smettere. Così per dodici ore filate. Così dal tramonto all’alba a girare in tondo. Così come a le Mans però sulla magica pista di Monza. Sullo stesso asfalto dove sfrecciano Ferrari e Mercedes, sulle stesse traiettorie di Sebastian Vettel e Louis Hamilton. Che non puoi non pensarci, che non puoi non vederli quando al buio arrivi in gruppo alla prima chicane dove sette giorni fa si sono toccati loro, dove si è girato il tedesco, dove forse ha finito di sognare un mondiale che poteva riacciuffare. Bolidi con pedali e catena, con rapporti impossibili, con protesi da cronometro che quasi ti sdraiano parallelo alla canna della tua bici. E poi la fatica. Da prendere di petto tutta da soli oppure da dividere con altri tre, quattro, sei compagni di squadra. La 12H Cycling Marathon che nasce da un’idea e dall’energia di Andrea Massimello da quest’anno è entrata nella famiglia di Followyourpassion, quasi un tutt’uno con la Mezza di Monza che parte quando le bici rientrano nei box. E’ cambiato poco, anzi quasi nulla. E’ una bike marathon dal doppio spirito: ardito e eroico, appassionante e coinvolgente che tira dentro tutti dai pro-rider che si giocheranno la vittoria, agli amatori che corrono liberamente alla propria andatura alla caccia di emozioni. E poi i “fissati”, con le bici a scatto fisso, categoria a parte e classifica a parte. Una notte di pedali, una notte di fatica, di facce stanche ma felici. Una notte di caffè che scorre a litri, che ti viene a cercare, che diventa la scusa per far due chiacchiere, staccare, riscaldarsi. Una notte insonne, da jet leg, come quando viaggi, con l’adrenalina che ti tiene attento, pronto, che ti fa godere ogni secondo, che ti riporta indietro quando eri ragazzino e non ti pesava perdere il sonno, che ti fa vivere una notte da ciclista antico, di quelli che una volta giravano nelle sei giorni. Una notte umida, da pale sul soffitto che girano per darti tregua, da sudore che brucia gli occhi, che impregna il nastro del manubrio, che ti fa stendere le maglietta per asciugarla con il phone. Una notte magica a rincorrere la propria ombra che si allunga fino a scomparire quando arriva l’alba…