Vigorelli-Ghisallo: serviva solo un po’ di coraggio…
Mettersi una mantellina e andare. Ci voleva solo un po’ di coraggio. Che serve sempre per conquistarsi qualcosa, un premio, un’emozione, una salita o un traguardo. E oggi il traguardo era sul Ghisallo, meta di ciclisti coraggiosi. Che sono arrivati fin lassù navigando a vista. Navigando dal Vigorelli al Museo di Fiorenzo Magni nella quarta edizione di una sfida che ricorderanno tutti, dal primo all’ultimo ognuno con la propria fatica, le foto, i brividi, i vestiti zuppi e gli occhiali appannati. Acqua ovunque che all’inizio sembra che non puoi farcela ma poi ti abitui e “ci stai dentro…” come dicono i ragazzi oggi. Acqua dal cielo, dalla strada, dalle gomme di chi ti sta davanti, dalle feritoie dei caschi, dalle ruote delle auto che ti passano accanto. Sempre, senza tregua, senza fine. Acqua che andava presa di petto perchè in bici è così, non ci sono altre vie d’uscita: bisogna solo decidersi. Acqua sui volti che sorridono, che imprecano, che strizzano gli occhi perchè tutto quel gocciolare non lava del tutto il sudore del pedalare. Acqua sulle bici in carbonio, su quelle con le ruote grasse, coi i parafanghi, su ciclisti compresi e solidali nel bello di un gruppo che non ha nessuna voglia di andare in fuga. Acqua sulle facce famose di chi è qui a dar lustro e dar l’esempio. Sulle medaglie olimpiche e mondiali di Paolo Bettini, sulla classe e sulla storia che avrebbe potuto raccontare Luca Paolini, sull’ammiraglia di Davide Bramati, sull’antivento giallo di Luca Guercilena, sulle mani grandi di Francesco Toldo quelle che ipnotizzarono gli olandesi e ci regalarono la finale di un Europeo: classe da vendere e non solo in campo. Acqua sul Vigorelli e sul Ghisallo. Sui dubbi e sulle paure di chi doveva decidere, di chi magari non ci ha dormito la notte, di chi ci ha messo l’anima per rendere tutto meno difficile, di chi ha fatto decine di caffè, preparato panini, brioche, un luogo caldo da offrire per asciugarsi e gioire. Acqua come se piovesse. Come se fosse scritto nel destino di una pedalata che mette insieme storia e patrimonio del nostro ciclismo. E alla fine come se nulla fosse. Perchè poi è sempre così: serviva coraggio per mettersi una mantellina e andare. Serve coraggio per non avere rimpianti.