La bici è il sole che ti frigge il cervello
Piove, ha piovuto, pioverà. Comincia anche a far freddo e le lancette dell’orologio messe indietro un’ora cancellano ogni sogno. E’ la fine: alle cinque del pomeriggio è già inverno. Perche per chi va in bici l’autunno non esiste: o è inverno o è estate, tertium non datur . Due mondi più che due stagioni. Due modi di intendere la vita in sella con quelli che vanno in letargo e preparano i rulli e quelli che invece piuttosto si fanno tagliare un braccio. Passamontagna, copriscarpe, maglie termiche, creme riscaldanti su piedi e mani, guanti da sci, imbottiti e mascherati, una via di mezzo tra l’omino che una volta faceva la pubblicità per la Michelin e la Banda Bassotti. Non mollano mai, non si arrendono alla pioggia ghiacciata, alla neve, alla nebbia, Eroi senza macchia e senza paura. Ma non c’è niente da fare: il bello della bici è l’estate. Sono i 35 gradi di luglio quando Nibali e compagnia scalano i Pirenei e tu ti alleni pensando di fare la stessa cosa sullo strappetto vicino a a casa tua. L’aria calda in faccia, l’acqua in testa, la borraccia con il ghiaccio che si scioglie già dopo i primi 500 metri. Ed è come se avessi la maglia gialla. La bici sono i chilometri con il caldo che ti cuoce il cervello quando il mondo viaggia con l’aria condizionata a palla. Sono i segni dell’abbronzatura da muratore che quando vai in spiaggia tua moglie fa finta di non conoscerti. E’ il bruciore del sudore negli occhi. La bici sono un body smanicato e una zip tutta aperta. Dura poco, ma è un’emozione intensa. E quando, all’improvviso, in una discesa senti il bisogno coprirti con un giornale o con una mantellina è già tutto finito. E’un attimo e sarebbe bello non arrivasse mai…