Giovanni Storti: “Abbattere San Siro? Un dolore…”
«Come abbatterlo?…». Giovanni Storti a San Siro ci andava quando ancora non si chiamava Meazza, ci andava che ancora aveva i calzoncini corti, dai tempi dell’oratorio quando lo chiamavano il Jair bianco. Con suo padre, con suo fratello, con tutta la famiglia: «Tutti interisti…da sempre» rivendica con un certo orgoglio. E allora l’idea che, per dare a Milan ed Inter un nuovo impianto, si possa sacrificare il tempio come già è successo tra l’altro a Wembley e ad Highbury non gli fa fare i salti di gioia: «Confesso che non ne so molto di questa storia- spiega- quindi per prima cosa mi piacerebbe conoscere qual è il progetto. Certo che se dovesse succedere non sarei felice. Sono affezionato a San Siro: è accogliente, la partita si vede bene e poi c’è tutta la storia. Ci ho visto giocare l’Inter degli anni Sessanta-Settanta. Insomma se lo buttassero giù sarebbe un bel dolore…». Cuore e business. Va così. Da un parte ricordi la visione più romantica del calcio, dall’altra il business che ormai vede nei nuovi stadi più serviti ed efficienti il modo per far crescere fatturati e squadre. E a volte la via per riportare i tifosi sugli spalti: «Che qui ci sono sempre stati e continuano ad esserci sia con l’Inter che con il Milan- puntualizza Aldo- La Juve ha ricostruito un impianto da 40mila posti ma a Milano ne servirebbero almeno 70mila. E poi se proprio bisogna creare nuovi servizi, spazi per il merchandising o altre cose si può tranquillamente pensare a una ristrutturazione». Il nuovo stadio per Inter e Milan potrebbe nascere a pochi metri di distanza dall’attuale Meazza. Il sogno dell’ ad rossonero Ivan Gazidis è replicare a Milano il modello dello stadio di proprietà che a Londra ha fatto impennare il fatturato dell’Arsenal. «L’idea di un impianto moderno può anche essere affascinante- spiega Aldo- ma cancellerebbe molti ricordi. Io la partit più bella che ho visto a San Siro ad esempio è quella che non ho visto. Ero piccolo e andai allo stadio con mio padre in una di quelle domeniche dove c’era un nebbione che si vedeva a malapena il campo. Non mi sono accorto di nulla ma ho capito che avevamo vinto perchè ad un certo punto sugli spalti vicino a me si abbracciavano tutti…». La più bella e quella da dimenticare: «Beh a cominciare da quella dell’altra sera col Psv che per fortuna non c’ero…da dimenticare ce n’è più di una. Ma soprattutto quella con la Juve quando ci negarono un rigore enorme su Ronaldo, il nostro quello vero, e dopo andarono a segnare loro dall’altra parte. Ma forse non eravamo neanche a San Siro…». San Siro addio segno di un calcio che diventa un’altra cosa: «Segno di un calcio che è cambiato e che oggi è tutta tecnica e frenesia. Mi mancano i fantasisti mi manca il Fenomeno, mi manca Baggio. Mi manca uno come Cassano che quando andavi a vederlo non sapevi mai cosa poteva succedere…».