Dopato a 90anni: tutta colpa di una bistecca…
Tutta colpa di una bistecca. Già sentita. Tutta colpa di una bistecca texana se all’antidoping ti beccano positivo ad un anabolizzante. Ma, anche se dopato, Carl Grove resta un eroe. Perchè a novant’anni suonati se uno ha ancora voglia di salire in bici, di mettersi un pettorale e di prendere il via ai campionati americani di ciclismo su pista un po’ eroe rimane lo stesso. Però l’ultima pedalata gli va di traverso . Succede tutto pochi giorni fa a Breinigsville, in Pennsylvania. E’ l’unico partecipante della sua età in gara e quindi vince sia a cronometro sia in linea. Arriva a braccia alzate è si è porta a casa il titolo di campione statunitense tra i master che vanno da 90 a 94 anni: poca roba, a giocarsela saranno una decina in tutto il mondo se ci sono. Fine. Dovrebbe finire lì perchè una storia così andrebbe raccontata a figli e nipoti davanti a una bella birra e invece a rovinare il bel finale ci si mettono i «burocrati» dell’Usada, l’agenzia antidoping statunitense, che lo prendono sottobraccio lo portano al controllo delle urine. Giusti (sacrosanti) i controlli antidoping ma sarebbe forse il caso di spendere soldi ed energie per «beccare» chi bara nelle sfide che contano non i nonni che per il solo fatto di correre in bici a novant’anni sono già dei fenomeni. Dura lex, sed lex anche se il nonnino di Bristol, un paesotto da 1600 anime nella contea di Elkhart nell’Indiana, non stava correndo il Giro o il Tour, non si stava giocando un mondiale. Forse si poteva anche chiudere un occhio. Lo trovano positivo trenbolone che è un anabolizzante che serve a favorire la crescita muscolare. Che a novant’anni poi chissà cosa vuoi far crescere… Ma tant’è. Lui giura e spergiura che non c’entra nulla, che proprio alla vigilia della sfida avrebbe messo a cuocere sul barbecue una «bisteccona» piena di ormoni della crescita che probabilmente l’ha tradito. Non è il primo a cui capita e sicuramente non sarà l’ultimo. E così Grove alla veneranda età di 90 anni a suo modo entra nella storia per tre volte: per aver vinto, per essere stato trovato dopato e per essere stato anche un po’ perdonato. Infatti non è lo squalificano, riceve solo un richiamo dall’Usada che accoglie la sua tesi, quella della «bisteccona» arrivata da chissà quale allevamento texano e che gli avrebbe fatto impazzire i valori. Però perde il titolo conquistato nella prova in linea e il record del mondo che aveva stabilito con il miglior tempo di sempre. Pazienza. Se Dio vuole ci riproverà perchè, senza mettere limiti alla provvidenza, di tempo ce n’è. Almeno a giudicare dalle imprese di un altro «nonnetto» terribile, il francese Robert Marchand che lo scorso anno a 105 anni nel Nord della Francia, ad Amiens nell’Haute sul velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines ha firmato il record dell’ora della sua categoria pedalando per 22 chilometri e 547 metri. E lui il barbecue non sa neppure cosa sia. Solo crepes e baguette, ca va san dire…